Nullità parziale della Fideiussione con clausole in deroga alla disciplina codicistica di cui agli artt. 1941, 1939 e 1957 c.c. (clausole nn. 2, 6 e 8 del modello ABI).

La Cassazione civile, sez. un., 30/12/2021, n. 41994 chiarisce che i contratti di fideiussione posti a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante con provvedimento Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, tra cui lo schema contrattuale ABI applicato dalle Banche aderenti alle fideiussioni e che riporta clausole che, con vantaggio della Banca garantita, derogano agli artt. 1941, 1939 e 1957 c.c. (in particolare le clausole nn. 2, 6 e 8 contenute nel modello ABI), sono da ritenersi anch’esse contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3 della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

Data la varietà degli approcci giurisprudenziali riferiti alla qualificazione della patologia di tali contratti e dei rimedi posti dall’ordinamento a difesa del cliente bancario, in un’ottica nomofilattica, si è posta l’esigenza di un intervento di chiarimento delle Sezioni Unite che esprimesse un indirizzo unitario. In via di estrema sintesi gli orientamenti precedenti spaziavano dal riconoscere che la nullità delle intese anticoncorrenziali, ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e comma 3, comporta che le fideiussioni, riproducenti le clausole in deroga del suddetto schema predisposto dall’ABI, sono da considerarsi integralmente nulle per “nullità derivata” ma viziano anche l’intero contratto di fideiussione in virtù di un collegamento negoziale con l’intesa a monte. Conseguentemente per l’applicazione del principio simul stabunt simul cadent, i due accordi sarebbero entrambi parte di una pratica “complessivamente illecita”, sicché la nullità prevista per l’intesa si trasmetterebbe tout court anche ai contratti che a questa danno attuazione e quindi alle fidieussioni. Altri autori – sempre nell’ambito dello stesso indirizzo hanno ritenuto, invece, che la nullità della fideiussione a valle deriverebbe dalla illiceità della causa della stessa fideiussione ovvero, per altri, del suo stesso oggetto. Per altri ancora l’unico rimedio esperibile dal garante – coinvolto, suo malgrado, nell’attuazione dell’intesa anticoncorrenziale – sarebbe solo quello risarcitorio.

Le Sezioni Unite recepiscono invece l’orientamento che, nel caso in esame, ritiene che sussista un’ipotesi di mera nullità parziale delle singole clausole contenute nei contratti bancari a valle dell’intesa vietata e che siano trasposizione delle clausole dichiarate nulle dall’Autorità Garante. A sostegno di questa scelta le Sezioni Unite riconoscono che nel sistema del codice civile la “conservazione” del negozio giuridico costituisce la regola, sicché la deroga a tale principio non può che essere relegata a quelle ipotesi sporadiche, nelle quali – secondo un giudizio di “volontà ipotetica” – risulti che le parti con avrebbero avuto interesse alla conclusione del contratto senza le clausole nulle.

IL FATTO:

Una impresa stipulava con una primaria banca italiana un contratto di conto corrente e successivamente, un contratto di finanziamento, sotto forma di mutuo. A garanzia di tali rapporti, la banca richiedeva il rilascio di due distinte fideiussioni, che venivano sottoscritte personalmente da un socio dell’impresa finanziata. Successivamente l’istituto di credito comunicava, alla debitrice principale la risoluzione dei contratti, chiedendo la restituzione del relativo scoperto. A fronte del mancato pagamento la banca depositava, pertanto, presso il Tribunale competente, ricorso per decreto ingiuntivo, con il quale chiedeva la condanna del fideiussore al pagamento – in relazione alle due fideiussioni – delle somme garantite. Il Tribunale adito emetteva, quindi, il richiesto provvedimento monitorio, nei confronti del quale l’intimato proponeva rituale opposizione, a norma dell’art. 645 c.p.c.. Con ordinanza il procedimento veniva, tuttavia, sospeso – su istanza dell’opponente – ai sensi dell’art. 295 c.p.c., avendo il medesimo instaurato, nelle more del giudizio di opposizione, altro procedimento dinanzi alla Corte d’appello di Roma. Infatti, con atto di citazione l’intimato aveva evocato dinanzi alla Corte d’appello di Roma in unico grado, ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33 la banca chiedendo dichiararsi radicalmente nulli, per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a), i contratti di fideiussione e per l’effetto dichiararsi che nulla era dovuto dal fideiussore all’istituto di credito convenuto, del quale chiedeva la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali e morali, nonché alla cancellazione del nominativo dell’attore dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia.

La Corte di Appello accoglieva le richieste del fideiussore e la vicenda approdava in Cassazione, la quale riconosciuta con ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, della Prima Sezione civile che sulla questione relativa alla tutela riconoscibile al soggetto che abbia stipulato un contratto di fideiussione a valle, in caso di nullità delle condizioni stabilite nelle intese tra imprese a monte, per violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, comma, 2, lett. a), non vi è accordo in dottrina ed in giurisprudenza, rimetteva la vexata quaestio alle competenze delle Sezioni Unite. Queste ultime, con la sentenza in oggetto si sono quindi pronunciate sui due quesiti ammessi aventi ad oggetto: 1) se la coincidenza totale o parziale con le condizioni dell’intesa a monte – dichiarata nulla dall’organo di vigilanza di settore – giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore, nel contratto a valle, o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno e, 2) nel primo caso, quale sia il regime applicabile all’azione di nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite hanno escluso la nullità totale della fideiussione, la quale, quindi, è nulla solo nella parte in cui riproduce le clausole dell’intesa a monte dichiarate nulle dall’organo di vigilanza, e che sono le sole ad avere – in concreto – una valenza restrittiva della concorrenza, come nel caso dello schema ABI in questione. Tutte le altre clausole, coerenti con lo schema tipico del contratto di fideiussione, restano invece come, nel caso concreto, ha affermato il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005 pienamente valide.

Ne discende, poi, la rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice, inoltre alla qualificazione di nullità parziale della fideiussione ne consegue, l’imprescrittibilità dell’azione di nullità e la proponibilità della domanda di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., ricorrendone i relativi presupposti nonché dell’azione di risarcimento dei danni.

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