Infortunio sul luogo di lavoro all’estero e giurisdizione italiana: la Corte di Cassazione si esprime sulla responsabilità di committente, appaltatore sub-committente e datore di lavoro.

La Suprema Corte di Cassazione, Sezione IV, con sentenza n. 35510, 27.09.2021, ha espresso alcuni importanti principi in materia di responsabilità penale per fatti, avvenuti all’estero, commessi in violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. I tre aspetti principali su cui si sono soffermati i giudici di legittimità nella pronuncia in commento riguardano: le condizioni per la sussistenza della giurisdizione italiana in caso di infortunio verificatosi all’estero; il riparto della responsabilità penale tra datore di lavoro distaccante e lavoratore distaccatario; il rischio interferenziale (noto come il rischio di infortunio del dipendente non legato all’attività di lavoro in sé, bensì all’interferenza tra le diverse attività svolte da lavoratori della ditta committente e della ditta appaltatrice nello stesso spazio, o da lavoratori di imprese diverse che operano nella stessa sede con contratti diversi).

IL FATTO:

Un lavoratore italiano perdeva la vita prestando la propria opera di elettricista su una nave battente bandiera indiana, mentre  si trovava a Mumbai. Si accertava che il lavoratore  era intento a svolgere la propria attività privo degli idonei dispositivi di sicurezza, nonché di adeguata formazione e informazione. I lavori da svolgere sulla nave erano, peraltro, oggetto d’appalto e di ulteriore sub-appalto affidato alla ditta di cui era dipendente il lavoratore deceduto. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato in secondo grado la penale responsabilità affermata dal Tribunale di Ferrara nei confronti del committente, dell’appaltatore che aveva a sua volta sub-appaltato le opere, nonché del datore di lavoro della società destinataria finale dell’appalto e di cui era dipendente la vittima. L’episodio risaliva al 3 aprile 2008, data immediatamente antecedente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 81/2008, con la conseguenza che le singole violazioni in materia di prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro si riferivano al D.Lgs. n. 626/1994 (poi abrogato e come noto sostituito proprio dal D. Lgs. 81/2008).

Avverso la decisione di appello proponevano ricorso i condannati. Nel rigettare le impugnazioni la S. C. di Cassazione affermava i seguenti principi:  in primo luogo, “ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, intesa in senso naturalistico, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero”. Per cui, nel caso in oggetto, essendo contestata – tra l’altro – ai tre imputati l’omessa informazione e formazione del lavoratore, era corretto ravvisare la giurisdizione italiana, essendosi l’omissione realizzata in territorio nazionale. Inoltre, precisava la Corte che l’infortunio non aveva coinvolto “appartenenti alla c.d. ‘comunità navale’ sottoposta, come tale, alla giurisdizione dello Stato cui la nave appartiene, ma bensì estranei alla detta comunità quali (…) lavoratori italiani”.

Altra importante questione affrontata, ha riguardato la responsabilità del datore di lavoro distaccante nei confronti del lavoratore distaccatario. A nulla rilevava – ad avviso della Corte – la circostanza per cui l’attività oggetto di sub-appalto – si fosse svolta a migliaia di chilometri di distanza dall’Italia, poiché in ogni caso “il datore di lavoro che incarica un dipendente di svolgere determinate attività lavorative all’esterno della propria azienda, ha l’obbligo di verificare la sicurezza del luogo di lavoro, di valutare i rischi presenti, di fornire al dipendente i necessari ed idonei strumenti di protezione individuale, di formare ed informare adeguatamente lo stesso sui rischi specifici dell’attività lavorativa in quel luogo” e, ancora, “in caso di distacco di un lavoratore da un’impresa ad un’altra, il datore di lavoro distaccante, oltre all’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali questo viene distaccato, ha il dovere di vigilare, per tutta la durata della lavorazione, anche sulla corretta funzionalità dei presidi, strumentali rispetto alla lavorazione, dei quali ha dotato il lavoratore”. In conclusione, quindi, la dislocazione all’estero, non esonera il datore di lavoro dai propri obblighi nei confronti del dipendente.

La S.C. Corte ha ricordato altresì come nella nozione di “luogo di lavoro”, rilevante ai fini della sussistenza dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, non rientri solo il cantiere in senso stretto, bensì ogni altro luogo in cui il lavoratore sia costretto a recarsi per lo svolgimento delle attività affidategli.

Infine, il caso trattato aveva costituito ulteriore utile occasione per ribadire la differenza tra il concetto di rischio specifico e il concetto di rischio interferenziale (o generico). In particolare, nel caso de quo al fine di verificare se sussistesse la responsabilità del datore di lavoro committente, nonché dell’appaltatore e del subappaltatore o di uno solo di essi, si è rilevato che l’infortunio occorso al lavoratore  non era risultato riconducibile all’attività tipica che avrebbe dovuto svolgere, e dunque al rischio specifico, ma era piuttosto dovuto all’interferenza con l’opera affidata ad altri lavoratori (dipendenti delle ditte committente e appaltatrice/sub-committente). Attesa l’assenza di una definizione normativa di “rischio interferenziale” (o rischio generico) la Corte ha concluso ritenendo che “ciò che rileva, quindi, per ravvisarne l’operatività, non è la qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra imprese che cooperano tra loro, quanto l’effetto creato da tale rapporto, cioè l’interferenza tra organizzazioni, che può costituire fonte di ulteriori rischi per i lavoratori di tutte le imprese coinvolte”.

PERCHÉ È IMORTANTE:

Con la sentenza in commento, la Corte ha colto un’ulteriore utile occasione per fare luce su alcuni aspetti critici, ma fondamentali nell’ambito della materia degli infortuni sui luoghi di lavoro – sempre più frequenti – in generale e, con particolare riguardo, ad ipotesi di rischio realizzatosi all’estero, situazione affatto infrequente e di non immediata e agevole soluzione.

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