La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, di cui all’art. 10 bis D.Lgs. n. 74/2000, si consuma al momento della scadenza del termine utile previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta relativa all’anno precedente. In più, il Giudice di Legittimità, affrontando la questione relativa alla configurabilità della causa di forza maggiore, si è pronunciato in merito alla rilevanza penale della condotta omissiva del datore di lavoro che versa in una situazione di crisi di liquidità.
IL FATTO:
In una recente pronuncia, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 28667 del 15.10.2020, ud. 9.9.2020) si è occupata di una vicenda scaturita dall’omesso versamento da parte del datore di lavoro di una società delle ritenute previdenziali ed assistenziali relative agli emolumenti corrisposti ai dipendenti nel corso dell’anno precedente, con conseguente condanna dello stesso per il reato di cui all’art. 10 bis D.Lgs. n. 74/2000.
PERCHÈ È IMPORTANTE:
In primo luogo, la sentenza in commento offre una soluzione alla questione sorta in giurisprudenza in relazione al momento consumativo del reato, quale elemento rilevante, ad esempio, ai fini del calcolo della prescrizione.
Secondo l’orientamento assunto dai Giudici di Legittimità, il reato si consuma in coincidenza con l’omessa presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta entro il termine fissato dalla legge per il versamento delle somme trattenute dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei propri dipendenti relative all’anno precedente. È richiesto, tuttavia, che gli omessi versamenti, affinché assumano rilevanza penale, superino la soglia fissata dal Legislatore ad un ammontare pari a Euro centocinquantamila.
Ne consegue che, una volta superato il limite di legge, l’eventuale successivo adempimento dell’obbligazione pecuniaria da parte del datore di lavoro, con riduzione del debito al di sotto di detta soglia, non esclude la rilevanza penale della condotta omissiva.
In secondo luogo, quanto alle condizioni necessarie per dimostrare la sussistenza della scriminante della forza maggiore, di cui all’art. 45 c.p., la Suprema Corte è tornata ad affrontare la questione relativa alla rilevanza o meno dello stato di crisi di impresa quale causa di esclusione della colpevolezza del datore di lavoro che non provveda a versare le somme trattenute a titolo di ritenuta entro i termini per la presentazione della dichiarazione annuale.
In particolare, per escludere la volontarietà della condotta di omesso versamento, la Suprema Corte, sulla base di un consolidato orientamento, richiede la prova della non imputabilità all’imprenditore della crisi finanziaria che ha coinvolto l’impresa e dell’assoluta impossibilità dello stesso di adempiere dell’obbligazione tributaria a causa di eventi che sfuggono dal suo controllo.
In sostanza, la causa di forza maggiore non può dipendere da una semplice difficoltà economica in cui versa l’impresa richiedendo, al contrario, la positiva dimostrazione che tale condizione di difficoltà non sia stata anteriormente determinata da improvvide iniziative dell’imprenditore che rivesta anche la qualità di sostituto d’imposta, o da scelte gestorie rivelatesi pregiudizievoli rispetto all’interesse della persona giuridica.