Cassazione: è legittimo il pedinamento prolungato del dipendente.

Con la sentenza n. 17723 del 18 luglio 2017, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro mediante il ricorso ad un’agenzia investigativa, confermandone la legittimità e ritenendo nel caso di specie rispettoso della normativa vigente in materia di privacy il pedinamento del dipendente per un periodo prolungato.

IL FATTO:

Il caso portato all’attenzione della Suprema Corte aveva ad oggetto il licenziamento per giusta causa del dipendente di una compagnia assicurativa con le mansioni di revisore con il compito di verificare il corretto rispetto da parte delle agenzie visitate delle politiche della compagnia sui prezzi e sulla trasparenza con la clientela, il quale si era assentato più volte in anticipo dal posto di lavoro e si era reso colpevole di un’assenza ingiustificata. Tale condotta era stata accertata a seguito del “pedinamento” del lavoratore da parte di un’agenzia investigativa a tal fine appositamente assoldata dal datore di lavoro.

A seguito della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano, la quale – in parziale riforma rispetto a quanto stabilito dal Tribunale di Milano – aveva ritenuto legittimo il controllo investigativo disposto dalla società, dichiarando risolto il rapporto e condannando la compagnia assicuratrice a corrispondere al lavoratore l’indennità risarcitoria prevista dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, che veniva liquidata nella misura minima di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, non essendo le violazioni accertate così gravi da giustificare il recesso, il lavoratore aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando, fra l’altro, l’illegittimità dei controlli svolti dal datore di lavoro in quanto posti in essere in violazione della Legge n. 300 del 1970 (lo “Statuto dei Lavoratori”) e del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (il “Codice della privacy”), anche in ragione del prolungato pedinamento, protrattosi per circa venti giorni.

Gli ermellini, nel confermare la sentenza di secondo grado, stabiliscono in primo luogo che, configurando il pedinamento «un’attività investigativa svolta da un’agenzia privata e connessa ad una specifica indagine su pretese violazioni di un dipendente in relazione a compiti esterni fuori sede» essa «ricade nella figura del “controllo difensivo” da parte del datore di lavoro in una sfera eccedente i luoghi di lavoro», con conseguente inapplicabilità in virtù di un’interpretazione estensiva ed analogica della disciplina dello Statuto dei Lavoratori in materia di controllo a distanza.

In secondo luogo, la Corte afferma che ai c.d. controlli difensivi risultano in ogni caso applicabili le norme in materia di tutela della privacy che, qualora violate dall’agenzia investigativa, ben avrebbero potuto comportare l’«inutilizzabilità processuale ed ancor prima disciplinare dei dati» raccolti. Ciononostante – prosegue la Cassazione – nel caso di specie non è dato rilevare alcuna violazione della privacy del dipendente, in quanto da un lato la durata dei controlli (circa 20 giorni) non eccedeva i principi di adeguatezza e proporzionalità in virtù del fatto che questo «in gran parte della sua attività lavorativa era in viaggio per l’Italia», e dall’altro non era stata debitamente provata l’invasività sostanziale dell’attività investigativa.

Per questo motivo la Cassazione, ritenuta fondata la decisione emanata dalla Corte di Appello, rigetta il ricorso dell’ex-dipendente, rilevando inoltre la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato per processo inutile e costoso.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Con la pronuncia in esame la Corte di Cassazione coglie l’occasione per confermare il proprio orientamento in materia di esclusione dell’applicabilità degli artt. 3, 4 ed 8 dello Statuto dei Lavoratori ai controlli sui dipendenti esercitati dal datore di lavoro al fine di tutelarsi da comportamenti illeciti del lavoratore. Trattandosi di norme presidiate da sanzioni di carattere penale, infatti, queste non potranno essere applicate “oltre i casi ed i tempi in esse considerati” ai sensi dell’art. 14 disp. att. c.c.

Quale ulteriore profilo di interesse, si segnala come i giudici di legittimità abbiano ritenuto di confermare la decisione di legittimità anche nel frangente in cui ha considerato legittima l’attività di pedinamento portata avanti dall’agenzia investigativa per un periodo piuttosto prolungato, seppure ponendo tale decisione in stretta connessione con la tipologia di impiego svolta dal dipendente. Una simile scelta lascia senza dubbio trasparire un indubbio favor nei confronti del datore di lavoro, che vede in tal modo incrementato il proprio potere di controllo sul dipendente.

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