Azione di responsabilità degli amministratori: la Cassazione chiarisce il riparto degli oneri probatori.

In caso di proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per mala gestio, qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, l’onere della prova dell’attore non si esaurisce nella dimostrazione dell’atto compiuto dall’amministratore, ma si estende anche a quegli elementi di contesto dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà e di quello di diligenza. A fronte della prova della violazione del dovere, è onere dell’amministratore allegare e provare gli ulteriori fatti che siano idonei ad escludere o ad attenuare la sua responsabilità.

IL FATTO

Nell’esaminare un ricorso in tema di azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2392 c.c., la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25056, depositata il 9 novembre 2020, è intervenuta per chiarire la questione del riparto dell’onere della prova, enunciando un importante principio di diritto.

La vicenda traeva origine dall’azione di responsabilità proposta da una società nei confronti del proprio ex amministratore per presunti atti di mala gestio, in particolare per inadempienze correlate alla violazione della normativa tributaria, nonché alla concessione di credito ad un’impresa esercente attività di commercio di farmaci – successivamente fallita –  già in grave ritardo con i pagamenti, confidando nella fideiussione prestata dalla moglie del creditore.

In primo grado, il Tribunale adito accoglieva le domande della società, e condannava l’amministratore al risarcimento dei danni.

La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza, escludeva la responsabilità dell’amministratore per inadempienze diverse rispetto a quelle consistenti nella violazione della normativa tributaria, sul presupposto che, nell’atto introduttivo del giudizio, la società si era limitata a descrivere l’operazione conclusa con la farmacia, senza alcun riferimento al contesto complessivo dell’iniziativa medesima che avrebbe dovuto evidenziare il difetto di diligenza e suggerire il comportamento alternativo che era lecito attendersi dall’amministratore.

La società attrice proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando in particolare la violazione e l’errata applicazione delle regole che informano la responsabilità degli amministratori delle società per azioni per mala gestio. Il Giudice di appello avrebbe infatti disapplicato i principi generali in materia di colpa contrattuale degli amministratori ed ignorato che la particolare gravità della colpa e del danno arrecato alla società avrebbe richiesto una rigorosa prova di non colpevolezza.

Investita della questione, la Suprema Corte ha affermato che l’onere di fornire la prova degli elementi di contesto inerisce al fatto costitutivo dedotto in lite rappresentato dall’illecito dell’amministratore. Parte attrice adempie a tale onere probatorio dando dimostrazione di quelle condotte che, nella particolare contingenza, denotano l’inosservanza del dovere di lealtà o diligenza.

Una volta che tale prova è stata acquisita al processo, spetta all’amministratore evocato in giudizio allegare e provare gli ulteriori fatti, consistenti in cautele, informazioni e verifiche, che sono idonee ad escludere od attenuare la sua responsabilità colpevole.

La Cassazione, nel caso di specie, ha concluso accogliendo il motivo di ricorso e cassando la sentenza con rinvio, affermando che il Giudice di appello era incorso in errore per aver dapprima implicitamente riconosciuto una condotta negligente – quindi produttiva di responsabilità – dell’amministratore, ma successivamente aveva riversato sulla società attrice le conseguenze della mancata prova della incapienza del fideiussore, laddove, per quanto detto, era l’amministratore a dover dimostrare che il danno non gli era imputabile.

PERCHÉ È IMPORTANTE

La sentenza esaminata, nell’enunciare l’importante principio di diritto in materia di riparto degli oneri probatori, ha ricordato che la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e dei sindaci verso la società comporta che questa abbia soltanto l’onere di provare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori e sindaci il dovere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

Ciò in considerazione del fatto che l’amministratore convenuto in giudizio, diversamente, sarebbe totalmente dispensato dell’onere di provare la non imputabilità del fatto dannoso, in deroga a quanto prescritto dall’art. 1218 c.c. e parte attrice, a fronte dell’inadempimento del debitore, sarebbe tenuta a dare positiva dimostrazione di tutte le circostanze che in via astratta si rivelino idonee a provare ulteriori profili di negligenza del soggetto obbligato.

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