Section 2368, par. 3 of the Civil Code, which sets the rules about the shareholders’ meeting and about the validity of the resolutions passed in joint-stock companies can not be applied by analogy to limited liability company.
This is what the Court of Milan ruled by the decision n. 11289 filed on 10th November 2017.
IL FATTO:
La vicenda sulla quale si è pronunciato il Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di impresa, nasce dall’impugnativa proposta dall’amministratore di una società a responsabilità limitata, nonché titolare di una quota pari al 50% del capitale sociale della medesima, avverso la delibera assembleare con la quale veniva approvata un’azione sociale di responsabilità nei suoi confronti.
La deliberazione, in particolare, era stata assunta con il solo voto dell’altro socio, titolare de rimanente 50% del capitale, essendosi l’attore astenuto considerata la propria palese posizione di conflitto di interessi. L’amministratore, dunque, formulava una domanda di accertamento avente ad oggetto l’inesistenza ed invalidità della deliberazione assembleare, sul presupposto del mancato raggiungimento del quorum deliberativo, pari alla maggioranza assoluta del capitale sociale, richiesto espressamente dallo statuto sociale.
Si costituiva, quindi, in giudizio la società, la quale chiedeva l’integrale rigetto delle domande attoree. La convenuta, infatti, sostenendo l’applicabilità dell’art. 2368, co. 3, c.c. alla fattispecie, riteneva che, invero, fosse stato raggiunto il quorum deliberativo espressamente previsto dallo statuto e, pertanto, la delibera fosse da ritenersi pienamente valida ed efficace.
La disposizione di cui all’art. 2368 c.c., che disciplina la costituzione dell’assemblea e la validità delle deliberazioni assunte dalla medesima nelle società per azioni, infatti, al terzo comma sancisce che le azioni “per le quali non è stato esercitato il diritto di voto a seguito della dichiarazione del soggetto al quale spetta il diritto di voto di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza della quota di capitale richiesta per l’approvazione della deliberazione“.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale lombardo, pur nella consapevolezza di diverse posizioni interpretative, ha ritenuto di non accogliere la tesi proposta dalla società secondo cui la predetta norma troverebbe applicazione in via analogica anche con riferimento all’attività deliberativa delle s.r.l.
I giudici milanesi, infatti, hanno innanzitutto rilevato come, riconosciuta con la riforma del 2003 la piena autonomia dei due modelli societari in questione, l’applicabilità in via analogica della disciplina delle s.p.a. alle s.r.l deve essere ritenuta ammissibile solamente laddove venga verificata la sussistenza di un effettivo vuoto normativo nonché la comunanza dei principi di regolazione della materia, in relazione alla disciplina di interesse.
Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale di Milano ha stabilito che la disciplina assembleare prevista per i due modelli societari è caratterizzata da un’impostazione completamente differente.
Infatti, mentre per le s.p.a. il legislatore ha dettato una “disciplina analitica di carattere imperativo che riconosce solo specifiche ipotesi di possibile deroga statutaria“, con riferimento alle s.r.l., le norme di rilievo “risultano costruite su un generale rinvio alla autonomia statutaria [..] e la formulazione invece di limitate disposizioni regolamentari relative a fattispecie specifiche, peraltro generalmente dettate in via meramente surrogatoria rispetto ad un eventuale silenzio dell’atto costitutivo“.
Peraltro, come correttamente individuato dal giudice adito, le norme relative all’attività assembleare nelle società a responsabilità limitata non fanno alcun rinvio alla disciplina delle s.p.a., e, dunque, si pongono come disciplina formalmente autonoma.
Infine, e ciò appare di notevole rilevanza, la ratio alla base delle due discipline risulta assolutamente non compatibile. Infatti, mentre la disciplina delle società per azioni è chiaramente volta a garantire la funzionalità dell’ente e tutelare l’interesse dei terzi, le norme circa il conflitto di interesse relative alle s.r.l. riguardano esclusivamente i rapporti tra i soci e non, invece, interessi sovraordinati di soggetti estranei alla società.
Alla luce di tali considerazioni sancita l’inapplicabilità dell’art. 2368, co. 3, c.c. al caso di specie, il Tribunale di Milano ha annullato la delibera assembleare impugnata, in quanto adottata senza il quorum deliberativo pattiziamente previsto dai soci.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
La sentenza in esame appare particolarmente interessante poiché, con la stessa, il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in Materia d’Impresa, si è pronunciato sul delicato tema dell’applicabilità, in via analogica, alle società a responsabilità limitata, della disciplina dettata in materia di s.p.a..
Nella fattispecie, in particolare, i giudici milanesi hanno escluso che la norma prevista dall’art. 2368, co. 3 c.c., che disciplina il conflitto di interessi nelle s.p.a., possa trovare applicazione con riferimento alle società a responsabilità limitata, in quanto non è ravvisabile una ratio comune sottesa alla diversa disciplina delle due forme societarie.
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