La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15474, pubblicata il 22 giugno 2017, torna sulla questione della successione dei soci nei debiti della società estinta, sancendo, in particolare, che questi possono essere chiamati a rispondere solamente laddove abbiano percepito delle somme in forza del bilancio finale di liquidazione.
IL FATTO:
La vicenda sulla quale la Corte di Cassazione si è pronunciata nasce dal giudizio promosso da una società a responsabilità limitata contro due soggetti, al fine di sentire dichiarare la compensazione dei rispettivi crediti e debiti.
I convenuti si costituivano in giudizio chiedendo, a loro volta, in via riconvenzionale, la condanna della società.
Nel corso del giudizio veniva chiamata in causa una seconda società, cessionaria dell’azienda dell’attrice.
In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda proposta in via principale, mentre accoglieva la domanda riconvenzionale di condanna formulata dai convenuti.
La società chiamata in causa, condannata, pertanto, impugnava la sentenza. Nel giudizio d’appello si costituiva, oltre alla società che aveva dato avvio alla causa di primo grado (la cui azienda era stata ceduta alla società appellante), anche i soci di quest’ultima, i quali aderivano ai motivi dell’appello principale.
La Corte d’Appello, in particolare, per quanto di nostro interesse, sanciva che la società attrice non aveva la qualità di parte, dal momento che era stata cancellata dal registro delle imprese. Tuttavia, la Corte osservava anche che i soci di questa erano legittimati all’impugnazione, in quanto successori della società estinta.
I giudici di secondo grado, inoltre, rilevando che il debito oggetto di causa (facente capo alla società attrice cedente) non risultava dai libri contabili, affermava che di questo non avrebbe dovuto rispondere la cessionaria. Responsabili per l’intero debito, pertanto, sarebbero esclusivamente gli ex soci della società estinta.
Alla luce di tali statuizioni, i soci condannati si rivolgevano alla Suprema Corte, sostenendo la violazione dell’art. 2495 c.c. ai sensi del quale “dopo la cancellazione (n.d.s. della società dal registro delle imprese) i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione“.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando l’erroneità delle affermazioni della Corte d’Appello circa il rapporto successorio che viene a configurarsi tra una società cancellata dal registro delle imprese e gli ex soci, con particolare riferimento ai debiti.
Gli ermellini, infatti, sanciscono che il rapporto successorio, affermato in via assoluta dalla Corte di merito, in realtà sussiste solamente nell’ipotesi in cui i soci abbiano percepito delle somme in base bilancio finale di liquidazione. I soci, peraltro, in forza del principio di limitazione della responsabilità proprio delle società di capitali (tra cui, appunto, le società a responsabilità limitata) possono essere chiamati a rispondere dei debiti sociali, non considerati in sede di liquidazione, solamente nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione.
Ma vi è di più. I giudici di legittimità, infatti, affermano che, dal momento che la distribuzione di un attivo (in sede di liquidazione) costituisce presupposto necessario affinchè i soci subentrino alla società nel lato passivo, la percezione delle somme, da parte degli ex soci, rappresenta elemento costitutivo del diritto fatto valere, nei loro confronti, dai creditori. Sono questi, pertanto, a dover fornire la prova che l’importo preteso sia inferiore a quanto percepito dai soci a seguito dell’estinzione della società.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
La sentenza in esame appare particolarmente interessante poiché affronta un tema estremamente dibattuto, sul quale la Corte di Cassazione non ha ancora assunto una posizione definita.
La sentenza oggetto di trattazione, secondo la quale i debiti della società estinta si trasferiscono ai soci solamente nel caso in cui questi abbiano riscosso delle somme in base al bilancio finale di liquidazione, infatti, si pone in aperto contrasto, tra le altre, con un’altra sentenza molto recente della Corte, la n. 9094 del 7 aprile 2017, con la quale veniva sancito che i soci sono destinati a succedere nei debiti della società (non definiti in sede di liquidazione) automaticamente, a prescindere cioè dal fatto che vi sia stata una ripartizione dell’attivo sociale. Nella menzionata sentenza, inoltre, i giudici di legittimità sostenevano che il mancato riparto dell’attivo non farebbe venir meno neppure l’interesse dei creditori ad agire per vedere accertati i propri crediti nei confronti dei soci, essendo ben possibile la sussistenza di beni sociali non considerati in sede di liquidazione e, comunque, di sopravvenienze attive.
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