Recesso del socio: da preferire un’interpretazione restrittiva

data analysisCon la sentenza n. 13875 del 1 giugno 2017, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di recesso dei soci di una società per azioni ai sensi dell’art. 2437 c.c., primo comma, lettera g), affermando l’inidoneità della delibera di modifica dei quorum deliberativi a legittimare il recesso dell’azionista.

IL FATTO:

La questione è stata portata all’attenzione della Suprema Corte al termine di una vicenda giudiziaria che ha avuto origine con una pronuncia del Tribunale di Bergamo, che, su domanda di alcuni soci di minoranza di una S.p.A., aveva dichiarato la legittimità del recesso da questi esercitato ex art. 2437 c.c. a seguito dell’approvazione di una delibera dell’assemblea del 2007 con cui con cui la società aveva adottato un nuovo statuto che, in difformità dal passato, riconduceva i quorum deliberativi per l’assemblea ordinaria e straordinaria alla previsione legale (ex artt. 2368 e 2369 c.c.). Tale pronuncia era poi stata riformata in senso contrario ai soci ad opera della Corte d’Appello di Brescia, e, in seguito, oggetto di impugnazione da parte di questi avanti alla Corte di Cassazione.

La Suprema Corte, pur ponendosi in atteggiamento fortemente critico verso l’iter decisionale posto alla base della sentenza emessa dal giudice di secondo grado, chiarisce sin da subito che il risultato cui questo è pervenuto va in realtà confermato, ed il ricorso dei soci andrà pertanto respinto, seppur sulla base delle diverse motivazioni che si andranno qui di seguito ad indicare.

In primo luogo i giudici affermano che un’interpretazione restrittiva della disciplina dedicata al recesso del socio è effettivamente da preferire non tanto in quanto il recesso in sé comporterebbe un depauperamento della società e, di conseguenza, dei creditori sociali, come affermato dalla Corte d’Appello (ipotesi in realtà meramente eventuale se si guarda alla disciplina introdotta nel 2003), quanto «al fine di contemperare la tutela del socio con l’interesse conservativo della società e del patrimonio sociale», circoscrivendo l’ambito di operatività del recesso «in ragione degli effetti disgregativi dell’exit sul capitale sociale e sulla società». Quanto sopra, per altro, si può ricavare anche dalla ratio posta a fondamento delle modifiche apportate in sede di riforma all’art. 2437 c.c., il quale espressamente riconoscendo allo statuto la possibilità di prevedere ulteriori cause di recesso, non potrà certamente essere letto in senso estensivo con riferimento alle cause di recesso esplicitamente normate.

La Corte, inoltre, non si limita a confermare la preferenza per un’interpretazione restrittiva dell’art. 2437 c.c., arrivando ad escludere nel caso di specie la stessa configurabilità di un’ipotesi giustificativa del recesso ai sensi della disciplina codicistica. Agli occhi della Cassazione, infatti, la delibera assembleare di modifica dei quorum deliberativi non può rientrare tra quelle concernenti «i diritti di voto o di partecipazione» – quelle sì idonee a far sorgere il diritto di recesso in capo ai soci – in quanto «nel caso di modificazione del quorum […] i diritti di voto nel loro assetto statutario non sono modificati affatto, né direttamente né indirettamente, ma permangono immutati: ciò che eventualmente si modifica è il “peso” del voto, che può aumentare o diminuire, in maniera più o meno rilevante, a seconda dei casi».

La Suprema Corte coglie infine l’occasione per chiarire che il sorgere del diritto di recesso ex art. 2437 «non è affatto collegato ad un qualche pregiudizio per il socio […], ma discende dal dato oggettivo dell’intervenuta modificazione», ad opera di una delibera assembleare, degli elementi elencati nella norma. In definitiva, ai fini del legittimo esercizio del recesso è necessario che la delibera in questione vada a toccare in maniera diretta (o anche indiretta, per quanto lascia intendere la pronuncia in esame) gli elementi esplicitamente tutelati, e non che genericamente produca un effetto svantaggioso o sfavorevole nei confronti dell’azionista.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

La sentenza in esame, degna di considerazione non solo per i contenuti ma anche in quanto priva di precedenti, da un lato afferma, alla luce della disciplina normativa che regola il recesso del socio nelle società per azioni, così come modificata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la necessità di adottare un’interpretazione restrittiva con riferimento alle ipotesi giustificative del recesso da parte dell’azionista ai sensi dell’art. 2437, e dall’altro offre uno spunto di riflessione stabilendo l’incapacità della delibera di modifica dei quorum deliberativi a giustificare il recesso dell’azionista, alla luce del fatto che questa non incide – né in via diretta né indiretta – sull’esercizio del diritto di voto.

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