Privacy: dati smarriti ma nessun risarcimento

Block with Lock Graphic on Computer KeyboardCon l’ordinanza 222/2016, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 15 del Codice della privacy (d.lgs 196/2003), dichiarando che il mero smarrimento di documenti contenenti dati personali, anche se rientranti tra i c.d. «dati supersensibili», non costituisce presupposto sufficiente a fondare il diritto al risarcimento se non viene contestualmente fornita adeguata prova che tali dati siano entrati in possesso di soggetti terzi estranei al trattamento.

IL FATTO:

Il caso è stato portato all’attenzione della Suprema Corte da un dipendente del Ministero della Difesa che, dopo essersi rivolto al corpo di appartenenza per ottenere la concessione di un beneficio di equo indennizzo a causa di una serie di patologie da cui era affetto in dipendenza da causa di servizio, aveva visto trasmettere la documentazione contenente i propri dati sanitari alla Commissione medica ospedaliera incaricata di esaminarla, documentazione che, tuttavia, era stata da questa smarrita.

Già il giudice di prime cure si era però espresso nel senso di respingere la domanda, secondo la motivazione che non era stata data prova del fatto che i documenti contenenti i dati sensibili fossero pervenuti nella concreta disponibilità di soggetti terzi, senza il consenso dell’interessato.

La Cassazione ha confermato la sentenza appellata, sostenendo che il danno risarcibile ex art. 15 del Codice della privacy “pur determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli articoli 2 e 21 Cost. e dall’articolo 8 della CEDU, non si sottrae alla verifica della “gravità della lesione” e della “serietà del danno”, […] sicché determina una lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni poste dall’art. 11 del Codice della privacy, ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la portata effettiva”.

 

La Suprema Corte coglie dunque l’occasione per confermare un proprio precedente orientamento (Corte di Cassazione, III sezione civile, n. 16133/2014), stabilendo che il risarcimento del danno patrimoniale per un trattamento di dati personali non conforme a quanto previsto dal Codice della privacy può essere riconosciuto solo in presenza di un danno grave e di una lesione ingiustificabile del diritto, senza che a tal scopo risulti sufficiente una mera violazione dei criteri di trattamento previsti dall’art. 11 del D.Lgs. n. 196/2003.

Insomma, pur ritenendo provato lo smarrimento della documentazione contenente i dati personali dell’attore da parte della struttura pubblica sanitaria, nel caso di specie la Corte ritiene che il danno causato da tale violazione nell’ambito del trattamento dei dati non comporti di per sé stesso il superamento della c.d. “soglia di risarcibilità”, con la conseguenza che nessun risarcimento è dovuto.

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