Opposizione a decreto ingiuntivo: chi deve avviare la mediazione?

Con ordinanza interlocutoria la Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente, al fine di assegnare alle Sezioni Unite la questione di massima di chi, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, tra convenuto opponente ed attore opposto, abbia l’onere di avviare la mediazione.

IL FATTO:

La Terza Sezione della Corte di Cassazione – con ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019 – ha rimesso gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di interpellare le Sezioni Unite sulla questione di chi, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo (fuori dai casi di pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, come previsto dall’art. 4, comma 4 d.lgs. n. 28/2010) in materia soggetta a mediazione obbligatoria fra l’opposto e l’opponente, abbia l’onere a pena di improcedibilità di proporre l’istanza di mediazione nel termine assegnato dal giudice.

Preliminarmente, la Suprema Corte osserva che, nel caso in esame, il legislatore non indica espressamente chi debba ritenersi onerato della proposizione dell’istanza di mediazione; si deve quindi accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell’improcedibilità.

Analizzando il dato normativo, il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 dispone all’art. 5 che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in una delle materie indicate dalla medesima disposizione è tenuto preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

La norma prevede inoltre che l’improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Se la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di durata del procedimento di mediazione (non superiore a tre mesi); allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda.

Il comma 4 del citato art. 5 prevede che detta disciplina non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.

All’interno della giurisprudenza di merito si sono formati due orientamenti contrastanti circa l’individuazione del soggetto tenuto all’instaurazione del procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mentre fino ad oggi, si registra un solo intervento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 24629 del 3 dicembre 2015 ha affermato che l’onere di introdurre la mediazione obbligatoria grava sull’opponente.

Il primo orientamento, attualmente maggioritario, conformemente a quanto affermato dalla Cassazione con la citata sentenza del 2015, sostiene che nell’ambito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l’onere processuale ricada in capo al debitore opponente, in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione.

Su di lui dovrebbero quindi ricadere le conseguenze negative nel caso di mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, posto che, in assenza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in giudicato.

Il secondo orientamento sostiene, invece, che l’onere processuale sia a carico del creditore ingiungente.

In tal senso si porrebbe la circostanza che l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo, attore in senso sostanziale è l’ingiunto che ha proposto la domanda di ingiunzione. Con la proposizione dell’opposizione, infatti, la vertenza torna ad essere quella dell’accertamento dell’an e del quantum del credito in sede di cognizione piena e il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5 onera dell’attivazione della condizione di procedibilità “chi intende esercitare in giudizio un’azione”.

La terza sezione civile, pertanto, ritenendo che entrambe le posizioni sostenute dalla giurisprudenza di merito siano assistite da valide ragioni tecniche, ha ritenuto sussistente il presupposto della questione di massima di particolare importanza che giustifica la rimessione alle Sezioni Unite.

 PERCHÉ È IMPORTANTE:

La questione riveste particolare importanza perché, stante la vastità del contenzioso interessato dalla mediazione ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio, verte su un tema sul quale si registra non solo un ampio dibattito in dottrina, ma anche un perdurante contrasto nella giurisprudenza di merito, reso più acuto dalla frequenza delle questioni che in siffatta materia vengono sottoposte a giudizio.

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