Solo una improvvisa e non prevedibile mancanza di liquidità può essere considerata “forza maggiore”, idonea ad escludere la responsabilità penale dell’agente (Cass. Pen. Sez. III, sent. 11 maggio 2016, n.30397)
IL FATTO:
La Cassazione con sentenza n. 30397 del 18 luglio 2016, chiarisce che la crisi economica che ha interessato un impresa non è causa scriminante per il mancato versamento dell’IVA.
Solo in caso di imprevedibilità della mancanza di liquidità si potrà escludere la punibilità, potendosi invocare la causa di non punibilità della forza maggiore ex art 45 del c.p..
Nel caso in esame l’imputato, a cui era contestato l’omesso versamento dell’Iva ex art 10 ter D.lgs 10 marzo 2000 n. 74, aveva invocato, tra l’altro, la causa di forza maggiore per l’impossibilità di liquidità a causa della crisi economica che aveva attraversato l’impresa.
I Giudici hanno invece sostenuto che l’imprenditore avrebbe dovuto accantonare liquidità per il pagamento dell’IVA e non sono state considerate meritevoli le argomentazioni sulla scelta prioritaria di impiegare la liquidità a disposizione dell’impresa per tentare di rilanciare l’attività della stessa e per la salvaguardia del pagamento degli stipendi dei dipendenti.
I Giudici hanno sostenuto che solo una improvvisa e non prevedibile mancanza di liquidità potrà essere invocata come causa di forza maggiore idonea ad escludere la responsabilità penale dell’agente.
La sentenza è in linea a più recenti pronunce analoghe a salvaguardia quindi primaria del pagamento dei tributi (Cass. Pen. Sez. III, Sent. 25 febbraio 2015, n. 8352; Cass. Pen. Sez. III Sent. 06 novembre 2013, n. 2614; Cass. Pen. Sez. III, Sent. 12 giugno 2013 n. 37528).
In realtà in un momento di grave crisi occorrerebbe una valutazione più concreta delle motivazioni dell’omesso pagamento dei tributi in rapporto alle comprovate iniziative dell’imprenditore di salvare l’impresa e salvaguardare i dipendenti, trovando modalità di riammissione al pagamento anche nelle fasi successive della vita dell’impresa.
Già in questa direzione è il recente intervento normativo che ha spostato fino all’inizio del dibattimento la possibilità di saldare l’erario e determinare l’improcedibilità dell’azione penale, rispetto alla precedente previsione in base alla quale, un tale adempimento entro detto termine, rappresentava solo una circostanza attenuante che implicava uno sconto di pena fino a un terzo e la non applicazione delle pene accessorie, oltre alla possibilità di accedere al rito alternativo dell’applicazione della pena su richiesta, altrimenti esclusa.
Attualmente, invece, l’art. 13 del D.lgs 10 marzo 2000 n. 74 – così come novellato dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 -, prevede che appunto per i reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, omesso versamento di IVA e di indebita compensazione non sono punibili “se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti”.
Inoltre, per tutte le altre ipotesi delittuose del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, escluse dalla previsione appena richiamata, il nuovo art. 13 bis prevede comunque una circostanza attenuante [i.e. diminuzione di pena “fino alla metà e la non applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 12, oltre alla possibilità di optare per il rito alternativo del patteggiamento] nell’ipotesi in cui il debito tributario, comprensivo di sanzioni ed interessi, sia stato estinto prima dell’apertura del dibattimento.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE:
È evidente come già il Legislatore si stia orientando verso un atteggiamento più vicino alla realtà economica degli ultimi anni che mira al recupero di imposta più che alla repressione, ma occorre ancora trovare soluzioni che effettivamente, oltre la dilazione dei tempi, riconoscano in concreto le difficoltà della crisi aziendale e attuino meccanismi risolutivi. Una soluzione la si potrebbe mutuare dai meccanismi che sono stati individuati nel venir incontro al risanamento aziendale nella crisi di impresa, che da un lato salvaguardino il recupero se ancora possibile della continuità aziendale e dall’altro il recupero delle imposte e solo in tal caso si eviti anche con una sospensione del processo la sanzione penale.
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