No alla risoluzione del contratto in caso di diffida ad adempiere con termine inferiore a 15 giorni.

In tema di risoluzione del contratto, ed in particolare nel caso di diffida ad adempiere, l’assegnazione al debitore di un termine inferiore a quindici giorni, come previsto dal secondo comma dell’art. 1454 c.c., non determina l’estinzione del rapporto costituito tra le parti.

IL FATTO:

Con la sentenza del 14 maggio 2020, n. 8943, la Corte di Cassazione si è occupata di una vicenda concernente una società italiana che aveva conferito l’incarico di assistenza e sviluppo del proprio marchio all’estero ad un’altra società.

A seguito dell’intimazione, da parte della società italiana, della trasmissione di un resoconto sull’andamento dell’attività entro un determinato termine – a pena di risoluzione di diritto del contratto – l’intimata trasmetteva il report richiesto, che tuttavia veniva considerato insoddisfacente e tale da giustificare lo scioglimento del rapporto.

La questione veniva sottoposta dapprima al Tribunale, e successivamente alla Corte d’appello di Milano, che confermavano le pretese della società intimante.

La vicenda giungeva, quindi, dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione che, tra i vari motivi di ricorso, si è occupata della legittimità di un termine ad adempiere inferiore a quello previsto dal secondo comma dell’art. 1454 c.c.

La norma dispone infatti che il termine assegnato con la diffida ad adempiere non possa essere inferiore a quindici giorni, salvo che le parti abbiano convenuto diversamente o che per la natura del contratto o gli usi risulti congruo un termine inferiore.

Ritenuta, nel caso di specie, l’insussistenza di queste ipotesi, sulla base di tali premesse, la Suprema Corte, ha reputato la diffida ad adempiere non idonea a determinare la produzione di effetti estintivi nei riguardi del rapporto costituito tra le parti, in assenza dei presupposti giuridici per l’operatività del meccanismo risolutorio.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Con la sentenza in esame la Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui, in tema di diffida ad adempiere, un termine inferiore ai quindici giorni trova fondamento solo in presenza delle condizioni espressamente previste dalla legge, ovvero ove ricorra una specifica pattuizione derogatoria e nei casi in cui essa risulti congrua avendo riguardo alla natura del contratto e agli usi.

Da ciò, come si legge nella sentenza, discende che, in presenza dell’assegnazione del termine inferiore, risultino irrilevanti i comportamenti del debitore, quali: i precedenti solleciti rivolti allo stesso per l’adempimento, la mancata contestazione del termine da parte del debitore, la mancata indicazione del diverso termine, reputato congruo, da parte del debitore, il protrarsi dell’inadempienza del debitore oltre il termine assegnato.

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