I reati ambientali si trasformano in delitti

Environmental pollution. Litter, dirty air - ecological problem.Nel Codice penale sono stati appena introdotti alcuni nuovi reati che apriranno uno scenario interessante alla lotta alla criminalità anche in campo ambientale, troppo spesso tutelato solo in base ad alcune sparute e non efficaci norme, sparse in diversi testi normativi, e solitamente di natura contravvenzionale.

IL FATTO:

Nello specifico, il d.d.l. n. 1345B, approvato il 19 maggio u.s. in via definitiva anche dal Senato, promulgato e pubblicato come legge n. 68 del 2015 nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015 e, quindi, in vigore come legge già dal giorno successivo alla sua pubblicazione, introduce nel codice penale, dopo il Titolo VI dedicato ai delitti contro l’incolumità pubblica, il nuovo Titolo VI bis intitolato “Dei delitti contro l’ambiente che comporterà l’inserimento di specifici reati nel codice penale, ovvero:

  • Il delitto di inquinamento ambientale (art.452 bis);
  • il delitto di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452 ter);
  • il delitto di disastro ambientale (art. 452 quater);
  • i delitti colposi contro l’ambiente (art. 452 quinquies);
  • il delitto di traffico e abbandono di materiale di alta radioattività (art. 452 sexies);
  • il delitto di impedimento del controllo (art. 452 septies);

I nuovi illeciti entrano a far parte anche del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (art. 25 undecies, comma 1, lett. a) e ss.) al fine di ampliare la responsabilità amministrativa degli enti anche per detti reati. È bene notare che, in materia di responsabilità degli enti, erano già previsti alcuni illeciti in materia ambientale, ma gli stessi erano di natura prevalentemente contravvenzionale ed ora, invece, le fattispecie più gravi trovano specifica definizione e sanzione.

Il nuovo provvedimento, dal titolo “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, fornisce anche una definizione (rectius, plurime alternative) di “disastro ambientale” (art. 452 quater), che definisce i contorni della materia e, soprattutto, l’ambito e l’estensione di tutela che si è cercato di creare. Stando alla norma “Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”.

Ed ancora, solo per i fatti di inquinamento ambientale e disastro ambientale, strutturati (e tendenzialmente intesi e incriminati) come delitti dolosi, la nuova disciplina contempla anche la forma colposa, cui concede una diminuzione di pena:

  • da un terzo a due terzi, per la commissione dei fatti di reato (solo) per colpa;
  • ulteriormente di un terzo, quando dalla commissione (per colpa) di tali fatti, ne deriva (solo) il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale.

Tra le altre novità:

  • raddoppio dei termini di prescrizione
  • la diminuzione dalla metà a due terzi delle pene in caso di ravvedimento operoso (e. l’ipotesi in cui i responsabili si adoperino per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvedano concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi);
  • la diminuzione da un terzo alla metà delle pene nei confronti di colui che aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Dette riduzioni di pena sono anche state estese al reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’Ambiente), nonché quello di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di uno dei reati del nuovo Titolo VI bis del c.p. (ex comb. disp. artt. 416 e 452 octies c.p., che attualmente ne costituisce un aggravante).

Anche per i reati ambientali c’è la possibilità di accedere al nuovo istituto della “sospensione del procedimento con messa alla prova” (art. 464 bis c.p.p.). Per gli imputati, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, sarà possibile richiedere al Giudice, di disporre la sospensione del procedimento per un tempo congruo, e comunque non superiore a due anni e prorogabile per un periodo massimo di un ulteriore anno, al fine di permettere agli stessi di rendersi parte attiva nelle attività di ravvedimento operoso ovvero di aiuto concreto agli inquirenti (salvo, chiaramente, disporre la sospensione della prescrizione per il medesimo periodo).

PERCHÈ È IMPORTANTE:

La previsione di reati di natura dolosa specificatamente posti a tutela dell’ambiente e non più solo prevalentemente contravvenzionali (come era per la maggior parte delle disposizioni in materia sparse nei vari testi normativi), non potrà che comportare una maggiore attenzione da parte degli inquirenti e della stessa Autorità Giudiziaria.

Inoltre, il raddoppio dei termini di prescrizione e la sistematica estensione dell’applicabilità del d.lgs 8 giugno 2001, n. 231, oltre all’inasprimento delle pene, dovrebbero favorire auspicabilmente un atteggiamento “preventivo”, se non meglio l’instaurarsi di una cultura di eco sostenibilità, tesa alla prevenzione, al contenimento o, perlomeno, al recupero dei potenziali pericoli (o addirittura già danni) creati nell’ambiente.

Non ultimo, per i principali nuovi reati ambientali è prevista la confisca anche per equivalente ed a prescindere dal fatto che la condanna provenga dal processo o dall’applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento). Pertanto, a fronte di una condanna per le ipotesi di reato su richiamate sarà “sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato” e, nel caso in cui la confisca dei beni non sia concretamente possibile “il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca”.

Per evitare la confisca occorre che l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.

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