Eredità digitale: accesso all’account del figlio scomparso.

Con un’ordinanza del 10 febbraio 2021 il Tribunale di Milano ha condannato Apple Italia S.r.l., filiale italiana del colosso di Cupertino, a fornire adeguata assistenza a una copia di coniugi nel recupero dei dati presenti sull’account i-Cloud del figlio deceduto, rendendo a questi disponibili le credenziali del relativo ID Apple.

IL FATTO:

Il caso è stato portato all’attenzione del Tribunale meneghino dai genitori di un giovane chef scomparso a causa di un grave incidente stradale che si erano visti ripetutamente negare da Apple la possibilità di accedere ai dati contenuti nello smartphone del ragazzo, andato completamente distrutto nell’incidente, ma ancora disponibili on-line grazie ai sistemi di sincronizzazione on-line forniti dalla società statunitense.

I genitori si erano rivolti informalmente ad Apple con l’intenzione di recuperare i contenuti digitali relativi al figlio “in modo da poter cercare di colmare – almeno in parte – quel senso di vuoto e l’immenso dolore che si accompagna alla prematura perdita di un proprio caro”. In particolare, i ricorrenti avevano interesse a recuperare le ricette che il ragazzo era solito annotare sul proprio cellulare allo scopo di realizzare un progetto dedicato alla sua memoria. Il processo di recupero si era però rivelato più ostico del previsto, e si era arenato nel momento in cui la società aveva richiesto per garantire l’accesso un ordine di Tribunale contenente una serie di requisiti, alcuni peraltro del tutto estranei all’ordinamento italiano.

I coniugi hanno quindi adito la corte milanese con procedimento d’urgenza ai sensi degli artt. 669 bis e 700 c.p.c. per ottenere, in via cautelare, i provvedimenti necessari ed idonei a tutelare i propri diritti, ed ottenere dunque l’accesso all’account del figlio.

Il giudice ha integralmente accolto le domande dei due signori, sussistendo infatti entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. In particolare:

  • il fumus boni iuris viene individuato nel diritto dei genitori ad esercitare i diritti di cui agli artt. 15-22 del Regolamento (UE) 2016/679 (“GDPR”) riferiti al figlio deceduto “per ragioni familiari meritevoli di protezione”, espressamente previsto dall’art. 2 terdecies del D.Lgs. 196/2003, nella versione modificata dal D.Lgs. 101/2018;
  • il periculum in mora consiste invece nel pericolo di lesione irreversibile del diritto di cui sopra, derivante dal fatto che Apple stessa aveva ammesso che i dati presenti nel proprio servizio cloud vengono eliminati allo scadere di un periodo prefissato di inattività.

Il giudice ha inoltre ritenuto illegittime le pretese avanzate dalla società americana di subordinare un diritto espressamente riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano alla previsione di requisiti del tutto estranei alle norme di legge che disciplinano la fattispecie in esame, quali il fatto che ad agire avanti al Tribunale fosse l’ “amministratore o rappresentante legale del patrimonio del defunto” o un suo non ben identificato “agente”.

Alla luce di quanto sopra il Tribunale ha condannato Apple a fornire assistenza ai ricorrenti nel recupero dei dati dagli account del figlio scomparso, nonché al pagamento delle spese processuali.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Il provvedimento in esame costituisce una delle prime pronunce che affronta il delicato tema dell’eredità digitale, e cioè quel corpus di informazioni derivanti dalla nostra attività in rete, tanto attuale quanto dibattuto, soprattutto in considerazione del fatto che il GDPR esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione i dati delle persone decedute.

L’ordinanza non prende ad ogni modo posizione sul contenuto dell’art. 2 terdecies, limitandosi a citare quella dottrina per cui la possibilità di far valere i diritti previsti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali da soggetti diversi dal defunto sia da qualificarsi in termini di “persistenza” di tali diritti “oltre la vita della persona fisica”.

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