In caso di conflitto tra ditte ed insegne confondibili, il soggetto che ne abbia fatto uso per primo – quanto alla ditta in epoca anteriore alla istituzione del registro delle imprese – può pretendere che il secondo soggetto debba apportare le opportune modifiche ed integrazioni alla propria, anche se quest’ultimo abbia registrato la propria ditta per primo, successivamente all’istituzione di detto registro.
IL FATTO
Il titolare di una farmacia napoletana lamenta che, nella medesima zona, vi é un’altra farmacia con la stessa ditta (e insegna) della propria.
La titolare di questa seconda farmacia aveva acquistato azienda e ditta fin dal 1989, facendone poi sempre uso ininterrotto.
Mentre il titolare della prima farmacia, a seguito dell’istituzione del registro delle imprese, aveva proceduto alla registrazione della propria ditta, la titolare dell’altra farmacia non vi aveva mai provveduto (si ricorda che il registro delle imprese ha iniziato a operare solo nel 1996, a seguito della Legge n. 580/1993 – art. 8 – e del regolamento di attuazione D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, entrato in vigore il 18 febbraio 1996).
Il titolare della prima farmacia, quindi, agiva in giudizio, anche in via d’urgenza, chiedendo venisse inibito alla titolare dell’altra farmacia l’utilizzo della medesima ditta (e insegna), in quanto fonte di confusione.
Il titolare della prima farmacia risultava vittorioso in Tribunale, ma soccombente in Appello, di talché proponeva ricorso per Cassazione.
L’art. 2564 c.c., rubricato “Modificazione della ditta“, dispone, al primo comma, che “Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla“; e, al secondo comma, che “Per le imprese commerciali l’obbligo dell’integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore“.
Il secondo comma dell’articolo citato, quindi, dà rilievo all’iscrizione della ditta nel registro delle imprese, facendo intendere che il diritto sulla ditta si acquista con l’iscrizione.
Tuttavia, nel caso di specie, si é di fronte a ditte utilizzate da prima dell’istituzione del registro delle imprese, per cui la Suprema Corte ha dovuto affrontare la questione se operi o meno il criterio di cui al secondo comma dell’art. 2564 c.c..
La Corte di Cassazione civile, sez. I, con sentenza 17 gennaio 2017, n. 971, risolve la questione dando rilevanza al principio della prevalenza del preutente rispetto al concorrente che abbia registrato per primo la ditta confondibile, sempre che il preuso sia anteriore all’istituzione del registro delle imprese (come nel caso di specie, ove il preuso della ditta patronimica risale al 1989, quando la titolare acquistò l’azienda, ossia la farmacia, e la relativa ditta, mentre la registrazione del medesimo patronimico nell’ambito di una ditta era stata effettuata dal concorrente solo successivamente al 1996).
La Suprema Corte pare, invece, ritenere che, successivamente all’istituzione del registro delle imprese, operi il criterio opposto a quello enunciato per il periodo intermedio, vale a dire quello della prevalenza della ditta registrata per prima rispetto a quella preusata ma non registrata (o non registrata per prima).
PERCHÉ E’ IMPORTANTE:
La sentenza della Suprema Corte è di interesse perché evidenzia l’operare di due diversi criteri, l’uno opposto all’altro, nel dirimere i conflitti tra ditte confondibili a seconda che siano o meno preesistenti all’istituzione del registro delle imprese. Nel periodo intermedio, quello della prevalenza del preutente rispetto al concorrente che abbia registrato per primo la ditta confondibile. Nel periodo successivo all’entrata in funzione del registro delle imprese, quello della prevalenza della ditta registrata per prima rispetto a quella preusata ma non registrata (o non registrata per prima).
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