Il diritto del socio di società di capitali di recedere dalla società non può considerarsi come un diritto assoluto esperibile a fronte di delibere assembleari ovvero decisioni consiliari pienamente e legittimamente adottate. Sul tema si segnale una interessante sentenza della Suprema Corte (Cass. 8 ottobre 2015, n. 22349).
IL FATTO:
Un socio di una società a responsabilità limitata chiede il recesso dalla società per violazione degli artt. 2481, 2481 bis e 2468, co. 4, c.c. a seguito della delibera del consiglio di amministrazione di aumento del capitale sociale, nonché della precedente delibera autorizzativa dell’assemblea con la quale si stabiliva che l’aumento del capitale sociale, contestualmente deliberato, potesse essere sottoscritto dai soci con conferimenti in denaro o in natura. La questione giuridica alla base della vicenda processuale in oggetto riguarda la possibilità del socio di recedere dalla società nel caso di decisione degli amministratori di aumento del capitale sociale, preceduta da delibera autorizzativa dei soci, con sottoscrizione dei soci, in opzione, attraverso il conferimento di denaro o di beni in natura. Ebbene, la vicenda verte sulla concreta applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2468, co. 4, 2473 e 2481 c.c.. In tema di aumento di capitale sociale della s.r.l. la norma di legge è chiara nella previsione per cui, in caso di decisione di aumento mediante nuovi conferimenti, spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute. L’atto costitutivo può prevedere, salvo per il caso di cui all’art. 2482 ter, che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso a norma dell’art. 2473 c.c..
PERCHÉ È IMPORTANTE:
Sotto il profilo pratico, nel caso di aumento di capitale sociale da parte degli amministratori, successivo a deliberazione dei soci di autorizzazione, la facoltà di recesso del socio può essere esercitata solo nelle ipotesi previste come tipiche dal dato della norma. Il tentativo di associare il diritto di recesso ad un aumento di capitale senza che ne ricorrano gli estremi giuridici viene, correttamente, negato dalla Corte di legittimità sulla base di una ragionamento lucido che, partendo dalla disamina delle norme richiamate, giunge ad affermare la tipicità delle cause di recesso all’interno delle società a responsabilità limitata. La Corte Suprema chiarisce, infine, come, in materia di disciplina dell’invalidità delle deliberazioni dell’assemblea delle società di capitali, viga la regola generale secondo cui le delibere dell’assemblea contrarie alla legge o all’atto costitutivo, o adottate nonostante la mancata convocazione, o la mancanza del verbale o l’impossibilità o illiceità dell’oggetto, e le delibere del C.d.A. lesive dei diritti dei soci, sono impugnabili entro i termini di legge indicati nelle previsioni di cui agli artt. 2377, 2378, 2379 e 2388, co. 4, c.c..
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