La Cassazione, nella recente sentenza del 13 marzo 2018 n. 11075, ha chiarito che l’accesso a un sistema informatico per finalità estranee a quelle autorizzate, al fine di trarre profitto dai dati così trafugati, integra sia il reato di cui all’art. 640-ter (frode informatica) che quello di cui all’art. 615-ter c.p. (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico).
IL FATTO
La Corte, sulla base dell’insegnamento delle Sezioni Unite con la sentenza 41210/2017, ha ricordato che integra il delitto previsto dall’art. 615-ter c.p. la condotta del soggetto, abilitato all’accesso per ragioni di ufficio, che, pur non violando le condizioni e i limiti delle prescrizioni impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto, acceda o si mantenga nello stesso per scopi e finalità estranei o, comunque, diversi rispetto a quelli per i quali la facoltà di accesso gli è attribuita.
La frode informatica, invece, è integrata dall’intervento senza diritto – od oltre il diritto – sui dati contenuti in un sistema informatico, così che, a differenza di quanto previsto dall’art. 171-bis del RD 633/41, la fattispecie riguarda non solo l’intervento sui dati, ma anche l’acquisizione effettuata su dati contenuti in un sistema informatico, inteso questo come la combinazione di hardware, quali personal computer, server, router, e terminali, eventualmente tra loro interconnessi e gestiti da un software, al fine di fornire funzionalità o servizi di elaborazione a favore degli utenti.
Dunque, è proprio l’accesso al sistema a distinguere la frode informatica, costituendone elemento specializzante.
PERCHÈ È IMPORTANTE
La recente pronuncia della Corte di Cassazione rende inequivoco che i due illeciti possono coesistere e concorrere.
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