Trasferimento della sede all’estero e fallimento in Italia

Archivio cartaceoLe Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5419/16 depositata il 18 marzo 2016, hanno definitivamente statuito che, in caso di trasferimento fittizio della sede sociale all’estero prima del deposito dell’istanza di fallimento, il Giudice italiano rimane competente a dichiarare il fallimento della società.

IL FATTO:

La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta, a Sezioni Unite, in una materia molto delicata ovvero il trasferimento della sede legale di una società all’estero e le relative conseguenze in materia fallimentare. La pronuncia è intervenuta a seguito del ricorso presentato da una società italiana avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato la decisione del Tribunale che ne aveva dichiarato il fallimento. La società sosteneva il difetto di giurisdizione del giudice italiano per aver trasferito la propria sede all’estero prima della proposizione dell’istanza di fallimento, deducendo la mancata applicazione dell’art. 3 del Regolamento CE 29.05.2000 n. 1346, il quale prevede che “Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria”.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 5419/16, ha respinto le ragioni della società, rilevando che il solo spostamento della sede sociale in un altro Stato non basta a fondare la presunzione che il centro degli interessi principali del debitore coincida con la sede statutaria. A tal proposito, gli Ermellini hanno richiamato e aderito alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui la sede effettiva di una società si individua privilegiando il luogo del centro di direzione e di controllo della stessa, individuato sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili da terzi. Ove, quindi, non emergano elementi tali da consentire di ritenere che al trasferimento della sede sociale abbiano fatto seguito anche l’effettivo esercizio di attività imprenditoriale in tale nuova sede e lo stabilimento presso di essa del centro dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa dell’impresa, la presunzione introdotta dal Regolamento comunitario n. 1346 del 2000 deve ritenersi superata. Laddove, quindi, al trasferimento formale della sede all’estero non sia seguito l’effettivo spostamento del centro principale degli interessi della società, rimasto in Italia, permane la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento di tale società.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, l’assenza di un trasferimento effettivo della sede all’estero è stato ritenuto emergere da una serie di circostanze (già evidenziate dalla Corte d’Appello), quali: (i) l’accertata non operatività della sede all’estero; (ii) la mancata apertura e utilizzazione di un conto corrente bancario in quel Paese; (iii) la residenza in Italia dell’amministratore della società. Sulla base di tali elementi, i giudici di legittimità hanno escluso un effettivo spostamento dell’attività imprenditoriale e del centro gestionale dell’impresa ricorrente all’estero e hanno, pertanto, ritenuto che i giudici di primo e di secondo grado abbiano correttamente concluso per un trasferimento fittizio di tale sede, volto solo a sottrarre la società dal rischio di una dichiarazione di fallimento. Alla luce di ciò, a parere delle Sezioni Unite, la presunzione di coincidenza della sede effettiva con la nuova sede legale doveva considerarsi vinta, con conseguente permanenza della giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento della società ricorrente che in Italia ha mantenuto il centro effettivo dei propri interessi e della propria attività, anche dopo il (meramente formale) trasferimento della sede all’estero.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno di recente chiarito che permane la competenza giurisdizionale del Giudice italiano a dichiarare il fallimento della società che abbia fittiziamente spostato la propria sede all’estero: circostanze rivelatrici del permanere in Italia del luogo dell’amministrazione principale della società sono state ravvisate nella mancata apertura di un conto corrente all’estero e nella residenza in Italia degli organi sociali.

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