La Corte di giustizia, con sentenza del 12 ottobre 2016 nella causa C-166/15, interviene a fare chiarezza in tema di circolazione della copia di un programma informatico, sancendo che l’acquirente iniziale può cedere il software acquistato, a prescindere dal consenso del titolare del diritto d’autore, solamente nel caso in cui la copia rivenduta sia salvata sul supporto originale.
IL FATTO:
Con la sentenza in esame, la Corte di giustizia da risposta alla questione proposta dai Giudici penali di Riga, in Lettonia. La vicenda vedeva come protagonisti due privati, coniugi, perseguiti penalmente (i capi d’imputazione: associazione a delinquere, vendita illecita di programmi per elaboratore tutelati dal diritto d’autore e uso illecito di marchio d’impresa altrui) per aver realizzato un commercio online, ritenuto illecito, di programmi informatici di una nota società del settore, ovviamente protetti dal diritto d’autore. In particolare quelle cedute erano i cd. copie di salvataggio del programma informatico, ossia copie dello stesso salvate su supporti differenti dall’originale.
Nella sentenza, i Giudici europei, interpretando restrittivamente le norma sul cd. esaurimento del diritto di distribuzione, contenuta nella direttiva 91/250/CEE del Consiglio del 14 maggio 1991, sanciscono che il titolare del diritto d’autore su un software, che ha venduto copia di tale programma con connessa licenza d’uso illimitata, non può impedire all’acquirente originario di rivendere la copia acquistata, a condizione che tale copia sia salvata sul supporto fisico originale. Ciò vale a prescindere dalla presenza di clausole contrattuali che limitino tale diritto di rivendita, le quali sono ritenute inefficaci. Il cd. esaurimento, infatti, consiste proprio nel fatto che la prima vendita di una copia di un programma per computer, avvenuta all’interno dell’Unione europea, da parte del titolare sullo stesso, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di distribuzione di tale copia.
Discorso diverso e opposto, invece, vale per le cd. copie di back-up del programma informatico acquistato, ed è questo il caso dei coniugi lettoni protagonisti della vicenda giudiziale. Come sancito dalla sopramenzionata direttiva, queste copie non possono essere vietate dal titolare del diritto d’autore (qualunque disposizione contrattuale in tal senso sarebbe nulla ed inefficace): l’acquirente del software, e della connessa licenza d’uso, può legittimamente salvare una copia del medesimo software su un proprio dispositivo, per ragioni di sicurezza e per “uso personale”, ma potrà rivendere tale copia solamente laddove vi sia il consenso espresso del titolare del diritto.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
La pronuncia in esame appare particolarmente interessante poiché, con la stessa, la Corte di giustizia autorevolmente individua le condizioni che rendono lecita la rivendita di una copia di un software acquistata.
In particolare la Corte sancisce che l’acquirente iniziale della copia di un programma per computer, accompagnata da una licenza d’uso illimitata, può vendere d’occasione tale copia e la relativa licenza a un subacquirente. Per contro, allorché il supporto fisico originale della copia inizialmente consegnata sia danneggiato, distrutto o smarrito, il primo acquirente non può fornire al subacquirente la propria copia di salvataggio senza l’autorizzazione del titolare del diritto.
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