La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15782 del 29 luglio 2016, sancisce che la cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese, intervenuta nel corso di un giudizio risarcitorio instaurato dalla medesima società, comporta, in assenza di una diversa volontà del liquidatore, una presunzione di rinuncia al credito. Gli ex soci, qualora vogliano subentrare nella causa promossa dalla società, sono tenuti a indicare i motivi per cui ritengono superata la predetta presunzione.
IL FATTO:
La sentenza in esame pone fine alla controversia promossa da una società a responsabilità limitata nei confronti dell’istituto di credito con il quale deteneva un rapporto di conto corrente.
In particolare, la società, lamentando la condotta scorretta di un dipendente della banca, proponeva contro la stessa una domanda di risarcimento dei danni morali e patrimoniali.
Risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio, la società, prima del ricorso per cassazione, veniva prima posta in liquidazione e, successivamente, cancellata dal registro delle imprese.
A proporre ricorso per Cassazione è così, in proprio, il rappresentante legale della società (ormai estinta), titolare del 30 per cento del capitale sociale. Questi, a giustificazione della propria legittimazione a proporre ricorso, richiamava una precedente sentenza della Corte di Cassazione (sent. 6070/2013) nella quale i giudici di legittimità affermavano che dall’estinzione di una società deriva un fenomeno di tipo successorio: più nel dettaglio, le obbligazioni e i diritti della società non compresi nel bilancio di liquidazione della società si trasferirebbero ai soci, quasi come questi fossero eredi della stessa.
La Banca si opponeva, invocando, in via preliminare, la carenza di legittimazione del socio della società ormai estinta.
La Corte di Cassazione, accogliendo le contestazioni della banca resistente, ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando la carenza di legittimazione dei soci. Tale decisione si fonda proprio sullo stesso precedente invocato dal socio ricorrente. Il medesimo, infatti, ha affermato la Cassazione, avrebbe omesso di considerare l’ulteriore statuizione contenuta nella citata sentenza, secondo cui il fenomeno successorio societario di cui sopra non opererebbe in riferimento alle mere pretese, benché azionate in giudizio, ancora incerte od illiquide, le quali non sono state oggetto di accertamento giudiziale. Solo la società, infatti, è legittimata ad agire in giudizio per ottenere il riconoscimento di quei crediti che siano solo affermati ovvero non siano (ancora) determinati nel loro ammontare.
Se la società, in persona del liquidatore, non si adopera per giungere alla determinazione da parte del giudice di detti crediti, si presume che la stessa vi abbia rinunciato.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
La sentenza in esame appare rilevante poiché la Cassazione, confermando il proprio orientamento, ribadisce quali siano le conseguenze, sul piano sostanziale oltre che processuale, della cancellazione volontaria dal registro delle imprese, in relazione alle pretese creditorie della stessa società.
Laddove il liquidatore preferisca portare a termine il procedimento estintivo della società prima dell’accertamento giudiziale del credito, ai soci è precluso subentrare nel giudizio pendente, se non indicano, preliminarmente, quali siano i motivi per cui la presunzione debba essere considerata superata.
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