Recenti pronunce della Corte di Cassazione.
  1. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo spetta al datore di lavoro la prova della sussistenza delle ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione, compresa anche una migliore efficienza gestionale ed un incremento della redditività;
  2. La giustificatezza tipica del licenziamento del Dirigente può fondarsi anche su ragioni oggettive non coincidenti con l’impossibilità di continuazione del rapporto di lavoro;
  3. Il datore di lavoro che induce alle dimissioni con atti intimidatori i propri dipendenti commette reato di minacce;
  4. È legittimo il licenziamento per comportamenti extralavorativi riprovevoli, anche anteriori al rapporto di lavoro;
  5. Sussiste un obbligo solidale di riassunzione nel caso di rapporti di lavoro in co-datorialità;

FATTI: 

1)  La Cassazione con sentenza n. 4946 del 20 febbraio 2019, nell’accogliere il ricorso  proposto da una lavoratrice licenziata dalla propria azienda per soppressione del suo ruolo, coglie l’occasione per chiarire che nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore deve provare necessariamente. Al contrario, grava sul datore di lavoro l’obbligo di provare la sussistenza delle ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavoro che abbiano determinato un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavoratore. Lo stesso vale per l’onere probatorio relativo all’obbligo di repechage.

2) La Cassazione, con sentenza n. 4685 del 18 febbraio 2019, rigetta il ricorso proposto da un Dirigente finalizzato ad ottenere la pronuncia di nullità del proprio licenziamento, precisando si tratti, viceversa, di un recesso ingiustificato e cogliendo l’occasione per chiarire che: “la giustificatezza, tipica della categoria dirigenziale infatti ben può fondarsi, per la particolare natura del rapporto di fiducia, su ragioni oggettive non necessariamente coincidenti con l’impossibilità di continuazione del rapporto, ma semplicemente idonee a turbare il rapporto fiduciario con i datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente, purché apprezzabili sul piano del diritto”. Un motivo ulteriore dell’ingiustificatezza de quo concernerebbe il mancato rispetto del datore di lavoro della preventiva contestazione degli addebiti in violazione delle garanzie di cui all’art. 7 Statuto lavoratori.

3) Con sentenza n. 7225 del 15 febbraio 2019 la Corte di Cassazione, sezione penale, conferma la condanna per minaccia ai danni di una propria dipendente di un datore di lavoro che al fine di ottenere le sue dimissioni aveva pronunciato le frasi: “ti conviene licenziarti … se rimani diventerò cattivo, non ti darò tregua, non ti lascerò andare in bagno neanche a fumare una sigaretta”. Afferma la Corte, infatti, che in questi casi il datore di lavoro risponde del reato di minaccia in quanto porrebbe in essere atti intimidatori finalizzati a “prospettare un male idoneo ad incutere timore”.

4) ) Con sentenza n. 428 del 18 gennaio 2019 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente di Equitalia Sud spa per fatti penalmente rilevanti, compiuti nel precedente rapporto di lavoro esaurito essendosi, invero, precedentemente “adoperato, non disinteressatamente, per consentire sgravi indebiti di cartelle esattoriali a favore di taluni contribuenti ma a danno dell’erario, e per questo era stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare”. Affermano gli Ermellini che la fiducia è fattore condizionante la permanenza del rapporto di lavoro e può essere compromessa anche in ragione di condotte extralavorative che possono ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro.

5) Con sentenza n. 3899 dell’11 febbraio 2019, la Corte di Cassazione ha affermato la illegittimità del licenziamento di una lavoratrice nel c.d. “periodo protetto” pur in presenza dell’ipotesi di “cessazione dell’attività dell’impresa” dalla quale era stata assunta, essendo stato rilevato un collegamento economico-funzionale con altre imprese che in maniera indifferenziata e contemporanea utilizzavano le prestazioni lavorative. La Corte ha ritenuto responsabili delle obbligazioni scaturenti da quel rapporto tutti i fruitori e disposto la reintegra nei loro confronti della lavoratrice in quanto tutti responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto di lavoro in virtù della presunzione di solidarietà prevista dall’art. 1294 c.c.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE:

1) Per la Cassazione, l’oggettivo andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore deve provare necessariamente in caso di licenziamento di un dipendente per motivi oggettivi.

2) Per la Cassazione la giustificatezza, tipica della categoria dirigenziale ben può fondarsi, per la particolare natura del rapporto di fiducia, su ragioni oggettive purché apprezzabili sul piano di diritto.

3) Per la Cassazione gli atti intimidatori del datore di lavoro, a mezzo di frasi dirette ad ottenere le dimissioni del proprio dipendente, metterebbero in pericolo la libertà morale e psichica di quest’ultimo.

4) Per la Cassazione, la fiducia del datore di lavoro può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto di lavoro.

5) Per la Cassazione ove il collegamento economico-funzionale tra le imprese sia tale da comportare l’utilizzazione contemporanea e indistinta della  stessa prestazione lavorativa in ognuna di esse si è in presenza di un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro.

 

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