Con l’ordinanza 16 maggio 2016 n. 9978, la I Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in tema di riconoscibilità delle sentenze emesse all’estero che contengono una condanna ai c.d. danni punitivi (punitive damages), rimettendo gli atti al Primo Presidente al fine di consentire a quest’ultimo di valutare l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, ed aprendo, di fatto, la strada al riconoscimento all’istituto di origine statunitense.
IL FATTO:
La vicenda che ha portato all’ordinanza della Suprema Corte trae origine dalla richiesta di una società americana, con sede in Florida, formulata alla Corte d’Appello di Venezia ed avente ad oggetto il riconoscimento di tre sentenze emesse da parte di un giudice americano che affermavano in capo alla società istante il diritto a farsi tenere manlevata da una società italiana, in relazione ad una vicenda in materia di responsabilità per danni derivante dalla vendita di un prodotto viziato.
La società italiana, nel corso del giudizio di delibazione, si era opposta a tale richiesta di riconoscimento, e si era difesa richiamando l’orientamento prevalente nell’ordinamento italiano (riportato in Cass. Sent. n. 1183/2007 e consolidato con Sent. n. 781/2012), sostenendo “la contrarietà all’ordine pubblico della comminatoria di danni punitivi, in ragione della loro inammissibile funzione sanzionatoria della condotta del danneggiante, anziché risarcitoria dei danni subiti dal danneggiato”.
La I Sezione Civile della Corte di Cassazione, in apparente dissenso con il precedente orientamento, ed alla luce di un “progressivo e condivisibile allentamento del livello di guardia tradizionalmente opposto dall’ordinamento nazionale all’ingresso di istituti giuridici e valori estranei, purché compatibili con i principi fondamentali desumibili, in primo luogo, dalla Costituzione ma anche dai trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE e, indirettamente, dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo”, ha dunque ritenuto di procedere con la rimessione degli atti al Primo Presidente, affermando inoltre che ad un giudizio di contrarietà di una condanna al pagamento di danni punitivi si dovrebbe pervenire “solo quando la liquidazione sia giudicata effettivamente abnorme, in conseguenza di una valutazione, in concreto, che tenga conto delle ‘circostanze del caso di specie e dell’ordinamento giuridico dello stato membro del giudice adito”.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
I giudici della I Sezione sembrano aver tracciato un sentiero ben preciso con l’ordinanza in analisi, un sentiero che potrebbe condurre al riconoscimento nell’ordinamento italiano della non contrarietà all’ordine pubblico dei danni non risarcitori aventi carattere punitivo, secondo un trend già diffuso in altri paesi europei, tra i quali Germania, Spagna e Francia.
L’ultima parola spetterà alle Sezioni Unite della Cassazione, che dovranno valutare “se la funzione riparatoria-compensativa, seppur prevalente nel nostro ordinamento, sia davvero l’unica attribuibile al rimedio risarcitorio e se sia condivisibile la tesi che ne esclude, in radice, qualsiasi sfumatura punitiva-deterrente”, e se “la funzione del rimedio risarcitorio, attualmente configurato in termini esclusivamente compensatori, assurga al rango di un valore costituzionale essenziale e imprescindibile del nostro ordinamento”.
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