Limiti alla registrazione del marchio per rischio di confusione.

La Corte di Cassazione ha recentemente affermato che, secondo il Codice della proprietà industriale, non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni che, alla data di presentazione della domanda, siano simili ad un marchio già registrato nello Stato da altri se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni, o dell’identità o affinità tra i prodotti o i servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un  rischio di associazione fra i due segni.

IL FATTO:

Il tema in commento è quello del rischio di confusione tra marchi. In particolare, il caso ha visto la società Perfetti Van Melle S.p.a. depositare domanda di registrazione di un marchio figurativo italiano, per gli articoli rientranti nella classe merceologica n. 30 di cui all’Accordo di Nizza del 15 giungo 1957, ossia “caramelle, confetteria, pasticceria, dolci, chewing gum, caramello, cioccolato, gelatine, confetteria, caramelle gommose, lecca – lecca, toffees, mentine, liquirizia, zucchero, caffè, cacao”.

Una multinazionale americana di alimenti e bevande si opponeva alla registrazione, sulla base di tre marchi registrati, innanzi all’Ufficio italiano marchi e brevetti (UIBM); la Perfetti, quindi, impugnava con ricorso la decisione dell’UIBM, ricorso che la Commissione dei Ricorsi accoglieva parzialmente.

Il caso giungeva quindi all’attenzione della Prima Sezione della Corte di Cassazione, la quale si pronunciava sulla questione con ordinanza n. 31938 del 6.12.2019.

In sede di legittimità la società italiana contestava la decisione della Commissione per i. violazione dell’art. 12, co. I, lett. d), D.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (Codice della proprietà industriale), con riferimento alla valutazione di affinità tra i prodotti destinati ad essere contraddistinti dai marchi; ii. aver quest’ultima ignorato il consolidato orientamento giurisprudenziale che collega la definizione di affinità alla funzione di indicazione di provenienza del marchio e ravvisa l’affinità laddove la clientela possa ragionevolmente ritenere il collegamento dei prodotti alla medesima fonte produttiva e iii. omesso di esaminare un fatto decisivo per la decisione.

In merito alla valutazione di affinità dei prodotti, la Cassazione innanzitutto evidenziava che la Commissione, nel caso di specie, si era conformata al consolidato orientamento di legittimità in forza del quale si intendono affini quei prodotti o servizi che, per la loro natura, la loro destinazione alla medesima clientela o alla soddisfazione del medesimo bisogno, risultano in misura rilevante fungibili e, pertanto, in concorrenza fra loro; di talché la mancanza di distinzione tra i segni comporta, in questi casi, il rischio di confusione e, quindi, dell’illecita aggressione dell’altrui avviamento e clientela. L’apprezzamento sulla confondibilità, precisa la Corte, deve pertanto essere compiuto verificando non solo l’identità (o quantomeno la confondibilità) tra i segni, ma anche l’identità e la confondibilità tra i prodotti, sulla base della loro affinità, laddove per affinità s’intende una comunanza ontologica tra i prodotti, non la mera appartenenza degli stessi al medesimo ambito di origine.

Trattasi, peraltro, di conclusioni conformi a quanto previsto dalla normativa e dalla giurisprudenza europea: secondo quanto affermato dalla Corte UE, il rischio di confusione, ai sensi della normativa in materia di tutela della proprietà industriale, presuppone nel contempo identità o somiglianza tra il marchio di cui è chiesta la registrazione ed il marchio anteriore, e identità o somiglianza tra prodotti o servizi indicati nella domanda di registrazione e quelli per i quali è stato registrato il marchio anteriore.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

Sulla base dell’ordinanza in commento, quindi, l’esistenza del rischio di confusione o associazione per il pubblico derivante dalla registrazione di segni distintivi identici o simili per prodotti affini deve essere oggetto di una valutazione globale da parte dell’Ufficio Marchi e Brevetti, che dovrà considerare tutti i fattori pertinenti al caso di specie.

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