La complessità di un M&A internazionale in UK.

L’imprenditore italiano che acquisisce azioni in una società in UK deve essere affiancato da una squadra di legali e advisor finanziari e contabili, sia italiani che del paese del target. Per il successo della operazione i Venditori devono essere diligenti e fornire in  data room tutti i documenti richiesti dall’acquirente. Nelle trattative si deve chiarire subito il ruolo che avranno i venditori post vendita, soprattutto se rimarranno nella società come amministratori e con una quota di minoranza. Tutti i soggetti, pari e consulenti devono essere coordinati; in caso contrario l’affare potrebbe sfumare.

IL FATTO:

L’acquisto di una partecipazione in una società è sempre un affare complesso. Per  una società italiana portarla a compimento all’estero è ancor più difficile. In UK lo è ancor di più.

Identificato il target si deve raccogliere il team di lavoro. Se dobbiamo acquisire la maggioranza del capitale, dovremo svolgere molte visite conoscitive del target con il futuro management.

Il venditore deve essere collaborativo; deve mettere subito a disposizione dell’acquirente tutti i documenti che saranno necessari per svolgere la Due Diligence (l’analisi legale e amministrativa) della società target. L’assenza di tale disponibilità in tempi contenuti, prolungherà inutilmente la DD e ne farà aumentare i costi.

Inoltre i consulenti devono esser bene focalizzati sull’obiettivo da raggiungere. A ragione della diversità di percezione da paese a paese, appare opportuno che il team legale che assista il patrio acquirente sia costituito da esperti sia inglesi che  italiani. Infatti bisogna ben capire le esigenze domestiche e tramutarle  in un set contrattuale che  tuteli l’investitore e che valga in un quadro giuridico completamente diverso.

Per citare una diversità rispetto al nostro quadro di lavoro usuale, in UK la DD ha una effettiva  efficacia contrattuale; quanto emerga  da essa deve trovare subito formulazione in  clausole di “indennizzi” nel contratto, per evitare di perdere diritti in futuro.

Medesimo approccio appare opportuno al team amministrativo e fiscale, operandosi in un diverso quadro di riferimento amministrativo e contabile. Si evidenzia che nella prassi esistente l’esperto dovrà fare una analisi contabile prima della acquisizione e, subito dopo, redigere  un bilancio eventualmente rettificato, per la parte acquirente, che possa “contrapporsi” – se necessario – a quello proposto dai venditori.

Fatta la squadra, serve redigere lo SPA, cioè il contratto di acquisto, e gli atti che ne sono corollario. Ad esempio lo SHA (shareholders agreement) o l’ AoA (lo statuto, che incorpora molte delle previsioni che in Italia inseriamo nei soli patti parasociali) e anche altri eventuali accordi ancillari. Per arrivare alla versione per il “signing” serve una estrema pazienza da parte della società acquirente e dei suoi manager. È uno  sforzo all’apprendimento ed alla decisione continua, perché la negoziazione per l’acquisizione societaria è sempre costellata di nuove richieste dei venditori, salvo nei casi dove il target sia molto strutturato. Inoltre, come detto, lo SPA dovrà prendere atto delle risultanze della DD e raccogliere i report dei team legal e fiscal amministrativo. Tali team devono rendere il report per poter poi utilizzare le risultanze anche nel post closing (completion).

Accanto alla squadra appare opportuno scegliere la strategia da apportare nella corporate governance del target. Non sempre funziona il principio del fare “tabula rasa”; vogliamo cooperare con i fondatori o manager che hanno portato il target al risultato odierno (ameno nelle operazione che mirino ad acquisire target in crescita). Quindi se da un lato dobbiamo esplorare come controllare la governance, dall’altro dovremo capire come stimolarli a cooperare, e apportare il loro know-how e capacità alla vita societaria. In altre parole, oltre alla redazione dei contratti tra le parti è importante capire quali scopi l’imprenditore persegue  con l’operazione e che livello di cooperazione vuole dalla parte venditrice, soprattutto se questa rimane  nella società, seppure in minoranza,  con azioni e amministratori.

Arrivare al closing è sempre problematico. La DD può far saltare i nervi o la pazienza ad entrambe le parti e farle “scartare di lato” e rifiutare il deal.

Infine, finalmente c’è la completion date.  A volte preceduta dall’ultima tornata di negoziazioni.

In quell’occasione non c’è il notaio,  a differenza dell’Italia, ma le parti si fanno assistere dai loro avvocati, che poi provvederanno a seguire anche gli aspetti “amministrativi” del trasferimento presso i relativi registri.

Infine da non dimenticare che lo “duty stamp” lo paga l’acquirente e si parla di percentuali  che calcolate su somme usate per l’acquisto diventano importanti.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE

Conoscere gli aspetti problematici di una operazione cross-border aiuta ad affrontarli e a risolverli. Capire che la diversità di approccio rispetto ad una operazione domestica è necessario porta sicuramente  ad un vantaggio nella negoziazione e un più probabile  successo finale.

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