Illegittima la modifica dell’atto impositivo nel corso del giudizio.

Con ordinanza n. 20933 del 30 giugno 2022, la Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento che l’ufficio non può “modificare, integrare o sostituire in corso di causa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa evidenziati nell’avviso di accertamento o di liquidazione e non può invocare a fondamento delle proprie pretese ragioni diverse da quelle di cui all’atto impositivo (Cass. n. 13163 del 16/05/2019)”, in quanto “la motivazione dell’avviso, infatti, assolve ad una pluralità di funzioni atteso che garantisce il diritto di difesa del contribuente, delimitando l’ambito delle ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase processuale contenziosa, consente una corretta dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità, e la presenza di leggibili argomentazioni dell’atto amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione, e, infine, assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la “ratio” della decisione adottata (Cass. n. 22003 del 17/10/2014)”.

IL FATTO:

Con istanza di collaborazione volontaria ai sensi della legge 168/2014 (voluntary disclosure), un contribuente dichiarava l’esistenza di un compendio ereditario, sito nel Principato di Monaco e in Francia, non riportato nella dichiarazione di successione e neppure nelle successive dichiarazioni integrative.

Sulla base dell’istanza di voluntary disclosure, l’Agenzia delle entrate notificava avviso di rettifica e liquidazione per l’imposta di successione, a seguito del controllo dei valori dichiarati nella dichiarazione di successione, ritenuta infedele.

L’Agenzia accoglieva la richiesta di autotutela solo per le sanzioni, confermando la debenza dell’imposta accertata con l’avviso di accertamento a seguito della presentazione dell’istanza di adesione, ritenuta equivalente a una dichiarazione di successione, anche se non conforme ai modelli di legge.

La contribuente proponeva ricorso sostenendo che la voluntary disclosure è diretta soltanto a regolarizzare la posizione reddituale che è diversa dalla dichiarazione anche integrativa di successione, per cui l’accertamento dell’ufficio sarebbe avvenuto oltre i termini di decadenza.

Il ricorso veniva respinto ritenendo l’istanza di volontary disclosure una dichiarazione integrativa nulla, per riconoscendo la possibilità per l’ufficio di liquidare la maggiore imposta.

Anche l’appello veniva respinto sul presupposto che la dichiarazione di emersione costituisce comunque una dichiarazione con valore confessorio che impone di attivare il recupero dell’imposta da parte dell’ufficio.

La Commissione regionale riteneva infondata l’eccezione di mutamento da parte dell’Agenzia, in corso di giudizio, delle ragioni della pretesa rispetto alle ragioni contenute nell’atto impugnato, osservando  che si tratta semplicemente di una qualificazione giuridica e cioè il nomen iuris adottato con l’avviso impugnato non impedisce che la fattispecie sia ricondotta sotto diversa qualificazione giuridica.

Per la Suprema Corte, invece, “l’integrazione o la modificazione dell’originario avviso di accertamento determina una nuova pretesa rispetto a quella iniziale, da formalizzarsi, a garanzia del contribuente, con l’adozione di un nuovo atto impositivo che, sostituendosi al primo, indichi i nuovi elementi di fatto, di cui è sopravvenuta la conoscenza; di regola non necessitano di forme o motivazioni particolari le riduzioni della pretesa originaria, non integrante di per sé una nuova pretesa, salvo che le modificazioni apportate alla pretesa fiscale introducano elementi innovativi, idonei a modificare il fondamento del rapporto giuridico d’imposta circoscritto con il primo atto sostituito (Cass. n. 39808 del 14/12/2021)”.

PERCHÈ È IMPORTANTE:

Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione ha ribadito e confermato il proprio orientamento sulla necessità di preservare i diritti di difesa del contribuente, per cui anche la modifica della causa petendi dell’atto impositivo, deve essere nuovamente notificato al contribuente.

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