Il Tribunale di Milano ha riconosciuto un provvedimento della Corte distrettuale di New York che convalidava un class action settlement e ha precluso all’attore, che non aveva esercitato l’opt-out right nel giudizio americano, di ottenere il medesimo risarcimento del danno oggetto di transazione autorizzata dal giudice statunitense.
IL FATTO:
Nel 2016 una società italiana conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano due società delle quali si era servita per alcune spedizioni di merce verso gli Stati Uniti tra il 2000 e il 2006. Le società convenute, costituitesi in giudizio, chiedevano il rigetto delle pretese attoree, previo riconoscimento, ai sensi degli artt. 64 e ss. della l. n. 2018/1995, del provvedimento con cui la United States District Court of New York aveva approvato un accordo transattivo negoziato nel corso di una damages class action proposta anche nei confronti delle convenute, per i medesimi fatti oggetto della controversia meneghina.
In particolare, le convenute sostenevano che tutti i membri della classe, comprese la società attrice, fossero stati notiziati della pendenza della class action e della proposta di transazione, mediante invio di una “Notice of proposed class action settlement”, con la quale si consentiva a ogni destinatario di a) rimanere nella classe, b) escludersi dalla classe (opt-out), non aderendo alla transazione e facendo salvo il proprio diritto di azione individuale, c) di non manifestare alcuna volontà, rinunciando ad ogni pretesa ricompresa nell’accordo. Stante l’inattività dell’attrice, le convenute sostenevano che la stessa nulla più avrebbe potuto pretendere nei loro confronti.
Il Tribunale di Milano ha accolto l’eccezione proposta dalle società convenute, confermando l’opponibilità dell’accordo convalidato dal giudice newyorkese.
I giudici meneghini hanno infatti ritenuto che – con riguardo al profilo dell’ordine pubblico processuale e, in particolare, alle modalità con cui sono state comunicate la pendenza del procedimento e il contenuto della proposta di settlement – il procedimento della class action statunitense si sia svolto nel rispetto delle garanzie processuali fondamentali che costituiscono “i requisiti minimi che devono caratterizzare i procedimenti giurisdizionali”.
Allo stesso modo, il Tribunale, con riferimento all’ordine pubblico sostanziale, ha escluso che sussista “un’effettiva ontologica incompatibilità del sistema dell’out-put adottato negli Stati Uniti rispetto a quello prescelto dal nostro legislatore, imperniato sul sistema alternativo dell’opt-in o rispetto ai principi di rilievo costituzionale interno”, e ciò fintanto che la vincolatività dell’accordo transattivo per tutti in membri della classe derivi da un procedimento che, come nel caso di specie, soddisfi i criteri minimi di garanzia del diritto di difesa. Osserva in particolare il Tribunale che le modalità previste per la comunicazione della pendenza dell’azione e della proposta transattiva dalla normativa federale – che non impone la notifica diretta ad ogni singolo membro della classe, ma solo che sia inviato il “miglior avviso che è praticabile tenuto conto delle circostanze, incluso un avviso individuale a tutti i membri che possono essere individuati con uno sforzo ragionevole”- sono idonee a garantire la formazione del contraddittorio con tutti i membri della classe.
Il Tribunale meneghino, quindi, per la prima volta, è giunto a riconoscere un provvedimento conclusivo di una damages class action e, in particolare, dopo aver confrontato i modi di notificazione del procedimento statunitense con l’art. 150 c.p.c., ha chiarito che la previsione di forme non dirette di notificazione di atti volti a provocare una manifestazione di volontà da parte del soggetto titolare di diritti (vale a dire, autoescludersi dalla classe) non risulta lesiva dei principi di ordine pubblico processuale.
PERCHÉ È IMPORTANTE:
La pronuncia in commento è di particolare interesse in quanto rappresenta il primo caso di riconoscimento di un provvedimento giudiziale statunitense di convalida di un class settlement, superando l’indirizzo dottrinale che propendeva per la non riconoscibilità delle decisioni oltreoceano rese nell’ambito delle damages class actions per contrarietà all’ordine pubblico processuale.
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