The Court of Lecce admitted the possibility to file a civil action against a company charged under Legislative Decree no. 231/2001.

By order of 29 January 2021 the Court of Lecce admitted the filing of a civil action against a company charged under Legislative Decree no. 231/2001. This ruling, departing from prevailing case-law, admitted the possibility for the injured party to claim damages directly against the legal entity accused in a criminal proceeding of having committed an administrative offence dependent on a crime.

IL FATTO:

La Seconda Sezione Penale del Tribunale di Lecce in una recente pronuncia, disattendendo le eccezioni sollevate dalla difesa di una società imputata in un procedimento penale, ha ritenuto ammissibile la costituzione della parte civile nei confronti dell’ente imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Il Giudice di merito ha fatto leva sul rinvio operato dagli artt. 34 e 35 del D.Lgs. 231/2001 che consentono l’estensione al procedimento a carico degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato delle disposizioni del codice di procedura penale in quanto compatibili e della disciplina processuale relativa all’imputato, sempre in quanto compatibile.  Tale conclusione – stando alla motivazione dell’ordinanza – sarebbe corroborata da una serie di argomentazioni di varia natura.

Innanzitutto, dalla lettera del D.Lgs. 231/2001 si desume come il legislatore, quando ha ritenuto di dover delineare una disciplina processuale ad hoc per l’ente imputato, lo abbia espressamente fatto, prevedendo, ad esempio, in tema di archiviazione una procedura semplificata. In secondo luogo, nella relazione illustrativa del D.Lgs. 231/2001 non possono rinvenirsi indicazioni ostative al riconoscimento dell’ammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente. Infine, sotto un profilo sistematico, la disciplina in tema di accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente non preclude una tale interpretazione estensiva.

PERCHÈ È IMPORTANTE:

La soluzione proposta del Giudice Monocratico del Tribunale di Lecce si pone nel solco dell’interpretazione dominante nella giurisprudenza delle autorità giudiziarie pugliesi che da tempo si sono attestate sulla soluzione favorevole all’ammissibilità dell’azione risarcitoria diretta della parte civile nei confronti dell’ente imputato nell’ambito del processo penale incardinato per un illecito amministrativo dipendente da reato (Tribunale di Trani, Sezione Unica Penale, Ordinanza 7 maggio 2019; Corte di Assise di Taranto, Ordinanza 4 ottobre 2016).

Le citate ordinanze, respingendo la tesi contraria alla costituzione della parte civile nei confronti dell’ente imputato, hanno fatto leva su ulteriori argomentazioni – riprese anche dal Giudice Monocratico del Tribunale di Lecce nella pronuncia in commento – basate su una serie di disposizioni contenute nel D.Lgs. 231/2001 che consentirebbero di ravvisare un danno risarcibile derivante dall’illecito amministrativo.

Tali previsioni sono rappresentate, in primo luogo, dall’art. 12, comma secondo, lett. a), D.Lgs. 231/2001 che, tra i casi di riduzione della sanzione pecuniaria inflitta all’ente, prevede l’ipotesi in cui, prima dell’apertura del dibattimento, l’ente stesso abbia risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero si sia comunque efficacemente adoperato in tal senso. Similmente, l’art. 17, comma primo, lett. a), D.Lgs. 231/2001 esclude l’applicabilità delle sanzioni interdittive quando concorrano una serie di condizioni, tra cui l’aver adottato le suddette condotte riparatorie, sempre prima dell’apertura del dibattimento. Infine, anche l’art. 19 D.Lgs. 231/2001, sembrerebbe mostrare attenzione al tema del danno patrimoniale conseguente all’illecito, escludendo l’applicazione della confisca del prezzo o profitto del reato per la parte che può essere restituita al danneggiato.

Ciò nonostante, non può non rilevarsi come la soluzione favorevole proposta si ponga in contrasto con l’interpretazione maggioritaria che da tempo vige sia in dottrina che nella giurisprudenza di legittimità.

A seguito di una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 2011 (Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2011, n. 2251), confermata anche da una successiva sentenza del 2015 (Cass., pen., sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 3786), è stato, difatti, da più parti ritenuto concluso quel contrasto che aveva visto fino ad allora la giurisprudenza, specialmente di merito, propendere per l’ammissibilità della costituzione della parte civile contro l’ente nell’ambito del procedimento ex D.Lgs. 231/2001.

A supporto dell’interpretazione contraria, i Giudici di Legittimità ritennero di dover escludere tale possibilità sulla base della sistematica rimozione dal D.Lgs. 231/2001, da parte del legislatore, di ogni richiamo o riferimento alla parte civile, come prova di una consapevole scelta di voler derogare alla regolamentazione codicistica.

Per di più, come aveva già sostenuto un’attenta dottrina, l’applicabilità al processo contro l’ente dell’art. 74 c.p.p., recante la disciplina sull’esercizio dell’azione civile nel processo penale, e del richiamato art. 185 c.p. sembrerebbe da escludersi in considerazione dell’espresso ed esclusivo riferimento da parte di questi ai danni cagionati dal reato che, a ben vedere, è del tutto autonomo rispetto all’illecito amministrativo imputabile all’ente.

Infine, come ebbe modo sottolineato la Suprema Corte nella citata sentenza, l’esercizio dell’azione civile nel processo penale deve sempre considerarsi come una deroga di natura quasi eccezionale al principio di separazione del giudizio civile da quello penale e perciò non estensibile al processo nei confronti dell’ente giacché, il tal caso, si profilerebbe una violazione dell’art. 14 disp. prel. c. c. che vieta l’applicazione delle leggi penali ed eccezionali oltre i casi in esse considerati.

Del resto, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, anch’essa investita nel della questione in esame, riconobbe in una pronuncia del 2012 – richiamata tra l’altro dal Giudice Monocratico del Tribunale di Lecce a sostegno della propria tesi – come il diritto sovranazionale non imponga agli Stati membri di prevedere espressamente la possibilità per la vittima di vantare nei confronti dell’ente una pretesa risarcitoria per i danni cagionati dall’autore del reato.

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