La Cassazione si pronuncia sul tema della legittimità delle registrazioni sul luogo di lavoro.
La Corte di Cassazione stabilisce che la registrazione di conversazioni con colleghi di lavoro, laddove svolta per tutelare i diritti del lavoratore, in una funzione di difesa rispetto ad iniziative datoriali di dubbia legittimità, non costituisce presupposto per l’attivazione di azioni disciplinari e legittima anche la tutela reintegratoria.
IL FATTO:
La Corte di Cassazione si è espressa a favore del dipendente di un’azienda licenziato dopo aver registrato alcune conversazioni tra colleghi senza il loro consenso.
E’ accaduto in un’azienda abruzzese. L’uomo, già colpito da un richiamo disciplinare, era stato poi espulso dal datore di lavoro. Il dipendente, nel fornire giustificazione del proprio comportamento ai superiori, aveva consegnato alla società una chiavetta Usb con le registrazioni effettuate sul posto di lavoro: dialoghi, tra l’altro, che trattavano di temi ancora sconosciuti all’azienda.
La Cassazione ha ritenuto legittima la condotta del dipendente e annullato la sentenza di secondo grado con rinvio ad una nuova sezione della Corte di Appello per valutare la possibilità di reintegrare il lavoratore in azienda. Stando a quanto rilevato dalla Suprema Corte, infatti, non vi sarebbe stato né illecito penale né disciplinare perché in quel momento il lavoratore stava esercitando un diritto e agendo per necessità.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE:
Seppur generalmente la registrazione di conversazioni tra presenti all’insaputa dei partecipanti al colloquio rappresenta una violazione del diritto alla riservatezza, nel caso in cui un lavoratore effettui delle registrazioni sul luogo di lavoro, in cui lo stesso si trovi di fronte ad iniziative datoriali di dubbia legittimità e agisca per tutelare i propri diritti in funzione di ultima difesa possibile, non costituisce presupposto per l’attivazione di azioni disciplinari. E’ considerata, pertanto, legittima anche la tutela reintegratoria.
No Comments