Con nota del 8 novembre 2016 il Ministero del Lavoro ha fornito alcune spiegazioni in merito all’effettuazione, da parte del datore di lavoro, di controlli su borse ed effetti personali dei dipendenti e sugli armadietti aziendali, alla luce del dettato normativo di cui all’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori.
IL FATTO:
Una società operante nel settore della moda ha sottoposto al Ministero del Lavoro un quesito in merito alla corretta applicazione della procedura di cui all’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori, chiedendo il rilascio dell’autorizzazione all’esecuzione delle seguenti procedure, per esigenze di tutela del patrimonio aziendale e controllo illeciti:
Sulla procedura sub 1), il Ministero ha precisato che le procedure di cui al summenzionato articolo 6 debbano trovare applicazione non solo nei casi di controllo personale dei lavoratori, ma anche nei casi di controllo dei loro effetti personali (quali portafogli e borse), andando contro quell’orientamento giurisprudenziale che limita l’applicazione dell’art. 6 alle sole ispezioni corporali (cfr. Cass. n. 14197/2012 e Corte di Appello Potenza n. 102/2015).
Ferma restando la necessaria “indispensabilità” del controllo (ossia l’impossibilità di individuare modalità di controllo alternative e meno invasive) e che la procedura di cui all’art. 6 non trova applicazione nei confronti dei visitatori, il Ministero ha concluso sostenendo che il controllo sub 1) possa essere effettuato solo a seguito della procedura di autorizzazione normativamente prevista ed attraverso meccanismi di selezione imparziale specificatamente richiesti dalla norma e predisposti dall’azienda, in modo da rendere casuale l’individuazione del soggetto da ispezionare.
Dalle conclusioni rese, il Ministero condivide anche le motivazioni poste dall’azienda circa la necessità di tutelare il proprio patrimonio, ritenendo che “nel caso di specie (…) l’esigenza di protezione del patrimonio aziendale non possa ritenersi esclusa”.
Sul quesito sub 2), il Ministero ha invece ritenuto non necessario l’accordo sindacale o, in alternativa, l’autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro, poiché il controllo degli armadietti, trattandosi di spazi che sono di proprietà aziendale, non può ricondursi nell’ambito dell’art. 6, per l’evidente difficoltà di ricondurre l’ispezione in questione alla fattispecie della “visita personale” contemplata dalla norma.
PERCHE’ E’ IMPORTANTE:
La nota ministeriale si inserisce nell’acceso dibattito che anima la giurisprudenza in ordine all’ambito applicato dell’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori. La contrapposizione è tra l’orientamento più restrittivo, che limita l’applicazione unicamente alle ispezioni corporali e quello più estensivo, fatto proprio dal Ministero, che include anche le perquisizioni sugli accessori.
Sebbene le sentenze menzionate nella nota dal Ministero siano abbastanza datate (Pretura di Milano 22 gennaio 1987 e Pretura Penale di Pordenone 8 gennaio 1997), il dibattito è ancora aperto, anche se le pronunce più recenti sembrano propendere per l’interpretazioni più restrittiva della norma.
Essendo questo il contesto, in via prudenziale è opportuno che le aziende seguano le procedure dettate dall’art. 6 nel caso in cui volessero estendere i controlli sugli effetti personali dei dipendenti (che è, poi, l’orientamento seguito dal Ministero).
Il controllo degli armadietti da parte del datore di lavoro è, invece, escluso dall’ambito applicativo della norma, potendosi quindi procedere senza le autorizzazioni prescritte dalla norma.
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