L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, sancita dal risultato referendario del 23 giugno 2016, avrà un sicuro impatto anche nell’ambito delle norme che governano i rapporti di lavoro e la libera circolazione dei lavoratori.
La c.d. Brexit, quando efficace, potrà portare alla disapplicazione dei principi comunitari di libera circolazione delle persone tra gli Stati membri e rendere dunque più difficoltosa la ricerca di un lavoro e una collocazione nell’ambito della Gran Bretagna, con il rischio di vedere applicato un articolato sistema di visti e autorizzazioni, in assenza di specifici accordi tra i Paesi comunitari.
Gli effetti potranno ricadere anche su chi già vive e risiede in Gran Bretagna e oggi beneficia del sistema sociale. Il sistema di welfare potrà subire infatti profonde modifiche, così come la possibilità di versare i contributi nel proprio Paese per un periodo di due anni, oggi concesso a chi opera nel sistema comunitario.
Il quesito più grande riguarda poi le modalità con le quali il Regno Unito intenderà procedere a regolare i rapporti di lavoro con i cittadini UE.
L’uscita dall’Unione Europea implica infatti una possibile generale disapplicazione di tutto il sistema normativo che, seppur nella specificità e territorialità che caratterizza le leggi in materia di diritto di lavoro, garantisce un meccanismo di norme comuni, soprattutto con riferimento a istituti, e in generale, temi universali quali la tutela contro le discriminazioni, la disciplina della flessibilità o dell’orario di lavoro e quella ben più importante sulla sicurezza.
La versione integrale del dossier Brexit è consultabile e/o scaricabile qui.
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