Danno endoconiugale in alternativa all’addebito.

All’interno del nucleo familiare il nostro ordinamento riconosce una serie di diritti e doveri. Nel caso in cui un familiare violi un proprio dovere previsto dal Codice Civile e leda così un diritto costituzionalmente garantito di altro componente della famiglia, la giurisprudenza ha di recente ammesso la possibilità di chiedere un ristoro in sede civile, oltre ai mezzi già previsti dal Codice. In tal caso, si parla di danno endofamiliare di natura non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.); in presenza di una violazione dei doveri coniugali si configura nello specifico un danno endoconiugale. La richiesta di un risarcimento per tale tipo di pregiudizio si presenta come utile alternativa all’addebito in sede di separazione, istituto previsto dall’art. 151 c.c., anche se l’azione risarcitoria presenta serie difficoltà, specialmente in relazione alla prova del danno subito.

IL FATTO:

In considerazione dell’importanza che riveste l’istituto della famiglia nel nostro ordinamento, non si sono mai posti dubbi in merito all’esistenza del danno c.d. esofamiliare – di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. – arrecato ad un componente di un nucleo familiare da un soggetto ad esso esterno e che leda diritti e interessi riconducibili alla famiglia, cui viene riconosciuto rango costituzionale (artt. 29, 30 e 31 Cost.).

Se da un lato è bene proteggere la famiglia da condotte di soggetti terzi, anche all’interno dello stesso nucleo familiare il nostro ordinamento riconosce diritti e doveri reciproci (si pensi ad esempio al rapporto figli-genitori o a quello tra coniugi) la cui violazione viene ritenuta fonte di responsabilità. Per queste ragioni, di recente, la giurisprudenza ha elaborato la figura del danno c.d. endofamiliare – sempre di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. – che si configura quale ipotesi di danno c.d. endoconiugale in caso di violazione dei doveri tra coniugi (il caso più frequente è quello dell’infedeltà).

Con la recente pronuncia del 19.11.2020 n. 26383, la Corte di Cassazione ha infatti chiarito che “la natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio implica che la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancata pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva”.

L’infedeltà, dunque, secondo tale interpretazione, può giustificare – oltreché una richiesta di addebito della separazione al coniuge infedele, con conseguenze rilevanti specialmente in ambito successorio – anche la autonoma richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., subiti.

Secondo gli ermellini, però, l’invocata condanna esige che “la condizione di afflizione indotta dal coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale”, richiedendo dunque il raggiungimento di una rigorosa prova circa la rilevanza costituzionale del diritto garantito, la gravità del danno subito e il nesso causale tra la condotta e il pregiudizio lamentato.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

La recente sentenza Cass. Civ., sez. VI, 19/11/2020, n. 26383, ammettendo la possibilità di chiedere il risarcimento del danno endoconiugale anche in ipotesi di mancato addebito della separazione, rende l’azione risarcitoria un utile strumento alternativo di ristoro del coniuge danneggiato. Anche in questo caso, però, chi agisce dovrà provare la violazione di un diritto costituzionalmente garantito, il superamento della “soglia di tollerabilità” e il nesso causale tra il comportamento tenuto (es. infedeltà) e il danno che ne è derivato. Tuttavia, così come la prova del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, ai fini dell’addebito della separazione, non è impresa semplice, non lo è nemmeno la prova relativa al nesso causale tra infedeltà e danno subito a fini risarcitori, pregiudizio spesso attinente alla sfera psicologica.

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