L’inaspettata vittoria del “Leave” al referendum britannico sulla permanenza nell’Unione Europea, oltre a un forte impatto a livello politico, maturerà anche numerose conseguenze sportive in particolare nel mondo del calcio professionistico inglese ed europeo.
Tali ripercussioni, principalmente legate alla massiccia presenza di giocatori stranieri nel campionato di Premier League, rappresentano oggi il rischio più concreto. A causa della Brexit, infatti, i calciatori inglesi, scozzesi e nord irlandesi diventeranno extracomunitari, con effetti assai poco rilevanti su un mercato in uscita quasi bloccato, ma molto consistenti per le squadre inglesi che non potranno più beneficiare della libera circolazione dei giocatori comunitari.
La stringente normativa fino ad oggi unicamente rivolta a regolare il tesseramento di professionisti provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea potrebbe, pertanto, dover essere applicata anche ai calciatori comunitari, il cui ingaggio sarebbe consentito solo nel rispetto del complesso meccanismo legato alle presenze nella Nazionale di riferimento di quell’atleta negli ultimi due anni.
Le dinamiche del calciomercato, inoltre, potrebbero, come effetto collaterale ma altrettanto rilevante, essere influenzate anche sotto il profilo del peso economico dei club. Le numerose restrizioni in materia di acquisto di calciatori stranieri, determinando un notevole abbassamento del livello della Premier, andranno a innescare un circolo vizioso, che dal minor potere di acquisto degli appassionati, riconducibile alla svalutazione della sterlina, potrà riversarsi sulle entrate (più che cospicue) prodotte dai diritti sportivi.
Che quella disciplina verrà applicata agli atleti comunitari rimane solo un’ipotesi, non essendo esclusa una conferma dello status quo da parte delle autorità inglesi.
Ciò che possiamo dare per certo è invece l’effetto negativo prodotto dalla Brexit sulla circolazione dei giovani talenti provenienti dalla UE, in particolare sull’applicabilità dell’articolo 19 del Regolamento Fifa. Tale disposizione pone il divieto di trasferimenti internazionali di calciatori sotto ai 18 anni, eccezion fatta per quei giocatori, tra i 16-18 anni, trasferiti all’interno dell’Unione Europea. Se non verrà attuata nessuna modifica della normativa, le squadre inglesi saranno impossibilitate a ingaggiare giovani ragazzi, che potrebbero un domani essere dei campioni.
Se non verranno adottate misure di tutela, quindi, si può quindi prevedere un campionato di Premier League “più chiuso”, in grado di attirare meno investimenti, soprattutto esteri che sono diventati negli ultimi anni sempre più fondamentali per il calcio inglese.
Dal punto di vista dell’industria calcistica, quindi, uscire dall’Unione Europea sarà una soluzione perdente, che il Governo inglese sarà costretto a temprare attraverso una politica che non sia eccessivamente improntata su ideali euroscettici e che, al contrario, si orienti nel senso di confermare il principio della libera circolazione dei giocatori.
La versione integrale del dossier Brexit è consultabile e/o scaricabile qui.
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