L’attuale legislazione in UK in materia di concorrenza, al pari di quelle degli altri Stati membri, è sostanzialmente identica a quella UE: reprime i cartelli e l’abuso di posizione dominante, prevede un controllo preventivo (ancorché non obbligatorio, a differenza della disciplina UE) sulle operazioni di concentrazione (c.d. merger control) e recepisce la normativa UE in materia di aiuti di Stato. Risulta, quindi, difficile ipotizzare che, quando sarà perfezionato il recesso dall’UE, il Regno Unito stravolga la propria legislazione in materia di concorrenza, ancorché, allo stato, sia impossibile prevedere la portata delle modifiche che potrebbero essere eventualmente introdotte.
La disciplina UE di tutela della concorrenza (tra cui gli art. 101 e/o art. 102 TFUE) continuerà ad applicarsi anche a seguito dell’effettiva uscita del Regno Unito dall’UE a tutti quegli accordi o condotte che avranno un effetto all’interno del mercato comune. A titolo esemplificativo, un’impresa di diritto inglese, parte di un’intesa restrittiva della concorrenza avente un impatto sul mercato comune, continuerà a essere soggetta alle istruttorie e alle eventuali sanzioni da parte della Commissione Europea ancorché, nel Regno Unito, quest’ultima cesserà di avere gli attuali poteri ispettivi.
A seguito al completamento della procedura di recesso e salvo accordi ad hoc, i rapporti tra Autorità britannica e Commissione non saranno più uniformi rispetto a quelli tra quest’ultima e le altre Autorità nazionali degli Stati membri, disciplinati dal Regolamento 1/2003. All’Autorità britannica potrà non essere più demandata l’applicazione diretta del diritto della concorrenza UE ai sensi del Regolamento medesimo e la stessa non dovrà astenersi se la Commissione avrà già avviato un’istruttoria sulla medesima fattispecie.
Sotto il profilo della disciplina c.d. merger control, la sussistenza dell’obbligo di comunicazione preventiva dinanzi alla Commissione, che in ogni caso prescinde dalla nazionalità delle imprese che vi sono soggette, non sarà più assorbente della giurisdizione britannica come è, invece, previsto dalla normativa UE in vigore (c.d. one stop shop). Salvo accordi ad hoc sarà, dunque, possibile che la medesima operazione di concentrazione venga vagliata dalla Commissione e dalla competente Autorità britannica che, in ipotesi, potrebbero addivenire a decisioni tra loro contrastanti.
Merita altresì attenzione una breve riflessione sui possibili effetti della Brexit relativamente alla disciplina in materia di aiuti di Stato. Come noto, la normativa UE proibisce agli Stati membri di concedere aiuti alle imprese che falsino la concorrenza. Qualora una disciplina analoga non fosse mantenuta nell’ordinamento del Regno Unito, quest’ultimo avrebbe maggiore libertà di intervento (diretto o indiretto) a sostegno dell’economia e delle imprese nazionali rispetto agli Stati membri dell’UE, squilibrando l’attuale competitività tra imprese europee.
In conclusione, al fine di valutare con esattezza l’impatto della Brexit sulla normativa a tutela della concorrenza, occorrerà attendere di conoscere quale tipologia di accordo verrà adottato dal Regno Unito nelle future relazioni con l’Unione europea. Se infatti, ad esempio, il Regno Unito aderisse agli accordi stipulati con i Paesi dello Spazio Economico Europeo (o fosse stipulato un accordo analogo) non si determineranno cambiamenti dirompenti rispetto alla situazione attuale. Al contrario, qualora il Regno Unito privilegiasse una maggiore indipendenza e flessibilità, ad esempio con riferimento alle norme sugli aiuti di Stato, ci saranno certamente effetti di maggiore portata.
La versione integrale del dossier Brexit è consultabile e/o scaricabile qui.
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