Licenziamenti collettivi: cosa cambia dal 1 gennaio 2017.

Photo business partners meeting. Team presentation. Business woman giving cardCon la fine del 2016 si conclude l’iter avviato dalla Riforma Fornero che porterà alla definitiva abolizione dell’indennità di mobilità ed alla conseguente introduzione della NASPI quale strumento di sostegno del reddito anche per i lavoratori coinvolti nelle procedure di licenziamento collettivo.

IL FATTO:

La riforma del lavoro intervenuta nel corso del 2012, che porta il nome dell’allora Ministro del Lavoro Elsa Fornero, ha apportato notevoli modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi.

La procedura prescritta dalla l. n. 223/91 non cambia. Resta, infatti, invariato l’obbligo della comunicazione iniziale, l’esame congiunto e la successiva fase “sindacale” e quella “amministrativa”, nonché l’invio della lettera di recesso ai singoli lavoratori.

Cambia solo il termine entro cui inviare l’elenco dei lavoratori licenziati alla Direzione Territoriale del Lavoro competente ed alle organizzazioni sindacali, da effettuarsi entro sette giorni dal licenziamento e non più contestualmente ad esso.

La modifica più rilevante è l’abolizione, a decorrere dal 1 gennaio 2017, dell’indennità di mobilità riconosciuta ai lavoratori licenziati nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo  (indennità che è stata già soggetta ad una progressiva riduzione dell’ammontare tra il 2013 e il 2016).

Dall’anno prossimo i dipendenti licenziati collettivamente potranno beneficiare, similmente a quanto accade per i licenziamenti individuali, della NASPI.

Con la definitiva abolizione del collocamento in mobilità, le aziende (soggette alla CIGS) non saranno più tenute a versare all’INPS il contributo d’ingresso alla mobilità (ossia la somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale moltiplicato per ciascun lavoratore licenziato), venendo meno anche l’obbligo di allegare la relativa ricevuta di pagamento alla comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo.

Il suddetto contributo sarà sostituito dal c.d. ticket di licenziamento, introdotto per il finanziamento della NASPI e pari al 41% del massimale mensile previsto per tale indennità.

Infine, dal 2017 verranno meno anche le agevolazioni attualmente riconosciute ai datori di lavoro che assumano lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (consistenti, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta, in un contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore).

PERCHE’ E’ IMPORTANTE:

Con l’abolizione dell’indennità di mobilità, i lavoratori licenziati all’esito di una procedura di licenziamento collettivo subiscono un’evidente riduzione delle tutele, con particolare riferimento agli strumenti di sostegno del reddito per i casi di disoccupazione involontaria.

Basti pensare che l’indennità di mobilità ante Riforma Fornero poteva raggiungere una durata massima di 36 mese, addirittura 48 per i dipendenti delle aziende operanti nel mezzogiorno d’Italia, a fronte invece di una durata massima del trattamento di Naspi di 24 mesi.

Gli anni a seguire saranno fondamentali per capire se l’ordinamento lavoristico italiano sarà in grado di sostenere l’impatto, anche e soprattutto a livello sociale, di questa riforma.

Dall’altro lato, non può però non evidenziarsi che l’intervento legislativo in esame è stato anche voluto per porre un freno alle tante iniziative aziendali che, sebbene formalmente legittime, siano state tese a un utilizzo della procedura di licenziamento collettivo più per avviare processi riorganizzativi interni che per far fronte a reali e non procrastinabili situazioni di crisi.

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