Reintroduzione del cd. “concordato sui motivi in appello”.

Nell’ambito della recente riforma del sistema penale [“Reati, torna il concordato in appello” – Il sole 24 ore del 3 luglio 2017 ] è stato reintrodotto con il nuovo art. 599 bis c.p.p., un istituto già noto nel passato come “patteggiamento in appello”, ora definito “concordato in appello”.

IL FATTO:

Il concordato sui motivi in appello si propone un’efficacia deflativa sull’eccessivo carico di processi che affliggono il giudizio penale.

a) Il procedimento.

Si tratta di un procedimento che si svolge in forma semplificata (ovvero in camera di consiglio), in cui le parti, prima dell’apertura del dibattimento in appello o anche successivamente (vedi oltre), concordano su alcuni motivi proposti nell’atto di appello.

Qualora dunque l’appellante rinunci ad uno o più motivi di gravame, automaticamente il perimetro del giudizio di secondo grado sarà ristretto ai motivi superstiti, in quanto sarà inibito al Collegio di prendere cognizione di quei capi e punti della decisione impugnata sui quali le parti hanno dimostrato acquiescenza e altresì, non saranno ammissibili eventuali ulteriori impugnazioni in Cassazione, per doglianze relative a quei capi e quei punti “rinunciati”.

Qualora l’appello sia stato proposto contro una sentenza di condanna e i motivi in seguito concordati incidano sulla misura della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria dovranno altresì indicare la pena ritenuta più opportuna e sulla quale sono d’accordo.

Il Collegio, se ritiene che la richiesta formulata dalle parti (c.d. accordo) debba essere accolta, procede immediatamente; altrimenti, se ritiene di non poter accogliere la richiesta, allo stato, ordina la citazione a comparire in dibattimento, ma alle parti resterà la possibilità di riproporre detta richiesta nel corso del dibattimento. Nel caso in cui la richiesta formulata dalle parti sia considerata inammissibile o infondata, ovvero incongrua la diversa determinazione sulla pena, il giudizio proseguirà nelle forme ordinarie.

In ogni caso, l’ordinanza di citazione a giudizio comporterà comunque un effetto risolutivo dell’accordo intercorso tra le parti, che perderà effetto, sia per quanto riguarda la richiesta di accoglimento dei motivi “concordati”, sia per la conseguente rinuncia agli eventuali altri motivi.

Il ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di Appello che accoglie la richiesta di concordato è inammissibile.

Un profilo di originalità rispetto alla versione del “concordato in appello” abrogata nel 2008 è contenuto al comma 4 del nuovo art. 599-bis c.p.p., in cui si prevede che – fermo restando quanto disposto dall’art. 53, co. 1, c.p.p. in merito alla piena autonomia del magistrato – il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello dovrà comunque interloquire con i magistrati dell’ufficio e i procuratori della Repubblica del distretto per cercare di definire “i criteri idonei a orientare la valutazione dei magistrati del pubblico ministero nell’udienza, tenuto conto della tipologia dei reati e della complessità dei procedimenti”.

b) Esclusioni.

Rispetto al “concordato in appello” abrogato nel 2008 sono esclusi dell’operatività dell’istituto in oggetto:

  • i reati di criminalità organizzata;
  • i reati di terrorismo;
  • i reati di pornografia, pedopornografia, prostituzione minorile e violenza sessuale;
  • i procedimenti contro chi è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

PERCHÉ È IMPORTANTE:

La reintroduzione del concordato sui motivi in appello si propone di accorciare i tempi della giustizia e di evitare la frequente disomogeneità nell’applicazione dell’istituto da parte delle varie corti distrettuali e l’utilizzo dell’istituto in processi in materia di criminalità organizzata o di delitti a sfondo sessuale.

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